martedì 14 marzo 2023

Vergognarsi del proprio paese

 

Naufragio, la risposta shock di Roma “Bengasi non si muove? Ok, bye bye”
L’atto d’accusa all’Italia nella ricostruzione della Ong Sea Watch “Non intervenire per salvare quei migranti è stata una scelta politica”
DI ALESSANDRA ZINITI
ROMA — «Non abbiamo nessuna motovedetta oggi», rispondono da Tripoli mentre il barcone grigio con 47 persone terrorizzate a bordo sale e scende su onde alte fino a tre metri ormai da 14 ore. «Grazie. Bye bye», tagliano corto da Roma buttando giù il telefono agli operatori della ong Sea Watch che dalla mattina chiamano tutti i centri di soccorso, Libia, Malta, Italia. Sono le 16.02 di sabato. Dodici ore dopo, 30 delle 47 persone che chiedevano aiuto da 27 ore sono in fondo al mare.
È così che si continua a morire nel Mediterraneo, con le autorità marittime che non rispondono, buttano giù i telefoni, ignorano le richieste di soccorso, fanno scelte attendiste in situazioni dove ogni minuto può costare una vita.
«È stata una scelta politica quella dell’Italia di non intervenire mandando tempestivamente mezzi in grado di soccorrere quelle persone. Scelte in linea con quanto affermato da Giorgia Meloni a Crotone: “Vogliamo scoraggiare le partenze, dire a questa gente che non conviene venire in Italia”. Solo che vogliono farlo capire lasciandoli morire in mare», la pesantissima accusa che lancia Giorgia Linardi di Sea Watch. Parla con la rabbia e l’amarezza di chi, per un intero giorno, haseguito quel barcone, rilanciando il primo mayday partito alle 2.28 della notte tra venerdì e sabato quando i migranti hanno chiamato il centralino di Alarm Phone.
La ricostruzione delle ore che precedono il naufragio attraverso gli audio delle conversazioni registrate da Sea Watch con le sale operative di Roma e Tripoli e con il Basilis L, il primo dei quattro mercantili poi intervenuti sulla scena, sono l’agghiacciante testimonianza di un’altra tragedia evitabile se chi era stato informato avesse agito con tempestività.
Sono le 9.32, dunque sette ore dopo il primo allarme. L’aereo Seabird della ong tedesca avvista il barconee lancia ilmayday : «Una barca di legno grigia, 50 persone a bordo, onde alte, la gente in pericolo si sbraccia, è richiesta assistenza immediata ». Risponde subito il mercantile Basilis L: «Siamo a circa 20 miglia, stiamo procedendo ora». Il video girato dall’aereo mostra onde che coprono il ponte del mercantile alto più di cinque metri. Passa un’ora e quando alle, 10.30, Sea Bird richiama Basilis per sapere perché non interviene, la risposta è questa: «La sala operativa di Roma ci ha detto di seguire le istruzioni della Guardia costiera libica. Raggiungere il luogo e attendere». Passano le ore e nessuna motovedetta arriva. Nel primo pomeriggio a Sea Watch è chiaro che è in atto uno dei tanti respingimenti camuffati da soccorso che avvengono in zona Sar libica: in sostanza, Imrcc Roma — che in quanto prima autorità a essere informata dei fatti ha comunque l’obbligo di coordinare il soccorso in attesa dell’arrivo dell’autorità del Paese competente — si limita a ordinare al mercantile di passaggio di stare ad “ombreggiare” il barcone, confidando che i libici mandino una motovedetta e riportino indietro i migranti. Ma neanche questo avviene. Ecco la risposta che Sea Watch ottiene dalla sala operativa di Tripoli: «Non abbiamo nessuna motovedetta a Bengasi oggi. Proviamo a trovarne una, proviamo». Alle 16.02, Sea Watch richiama Roma e spiega: «Il nostro aereo ha lasciato la scena, abbiamo appena chiamato Jrcc Libia e ci hanno detto che non sono riusciti a trovare nessuno e quindi nessuna motovedetta si sta dirigendo verso il caso in pericolo. Chi è ora responsabile per questo caso visto che Jrcc Libia non è in grado di rispondere a questa emergenza? ». La risposta è agghiacciante: «Ok, thank you for the information. Bye bye».

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