L’ora delle decisioni irrevocabili: gli intellò e il mito della guerra
di Silvia Truzzi
Ma dove sono i finiti “i combattenti di terra e di mare”, signora mia? Mancano guerrieri e ci pensano i nostri intellettuali a svegliare questa generazione di imbelli rammolliti, cresciuti col culo nel burro dell’Erasmus. Tirava già una bella arietta all’inizio dell’invasione russa in Ucraina: “Una volta era un onore avere un caduto al fronte in famiglia”, questo il tono di certi indignatissimi commenti (contro i pacifinti filoputiniani, cioè noi) sulle pagine dei più importanti quotidiani italiani. Adesso, a sfogliarli i quotidiani, ci sarebbe da ridere, non fosse che la situazione è tragica. Ieri in primo piano si potevano leggere le cronache del riarmo da Bruxelles, “La trincea di Ursula”, a fianco di titoli come “A un passo dalla tregua” (La Stampa). Adesso che la pace è vicina, l’Europa è assalita da un’incontrollabile (e inspiegabile: su cosa si basa l’assunto di Putin a Berlino?) febbre bellicista, venata di retorica virile e guerriera. Insomma, “L’ora segnata dal destino batte nel cielo della nostra patria. L’ora delle decisioni irrevocabili” disse quel signore da Palazzo Venezia. Ottantacinque anni dopo dal Palazzo d’Europa a Strasburgo, Ursula von der Leyen chiude l’era delle illusioni: “È il momento della pace attraverso la forza”. Vincere e vinceremo!
Lunedì Umberto Galimberti era ospite della Torre di Babele di Corrado Augias su La7. E sentite che toni: “La pace diventa la panacea per coprire l’orrore di chiamare quella che si deve chiamare resa. Oggi il criterio della relazione fra gli Stati è la forza (perché prima, qual era il criterio?). Questa forza è stata inaugurata in maniera esplicita da Trump. Di fronte alla forza che diplomazia puoi mettere in gioco?”. E poi il classico argomento fine del mondo: il Führer! “Era possibile mettere Hitler a un tavolo per discutere?”. Quando Augias – che vide, bambino, gli orrori della guerra – ha provato a farlo ragionare, Galimberti ha rilanciato: “Non c’è dubbio che con la pace si diventa migliori. Però si diventa anche imbelli. Se la Russia avesse attaccato l’Italia i nostri giovani avrebbero avuto la stessa capacità di reazione degli ucraini? Penso di no (sfigati!). La pace intorpidisce anche la dimensione guerriera, intesa in senso nobile, di difendere la tua terra e tuoi diritti. La democrazia non si difende solo in piazza”.
Ma infatti, dove sono i nostri guerrieri? Se lo chiedeva, la scorsa settimana, Antonio Scurati su Repubblica: due pagine per spiegare, assai dottamente, quel che dicevano certe nonne (“una volta gli uomini andavano in guerra”). Sappiamo che lo scrittore ha un debole per Mario Draghi (resterà negli annali la lettera-supplica dell’estate 2022) e dunque, siccome l’ex presidente ha tuonato “Do something!” – fornendo anche la lista delle cose da fare, tra cui spendere per il riarmo – Scurati risponde sull’attenti. “La guerra non è stata soltanto un mestiere, una tragica costante, uno strumento di potere, è stata l’arte (il complesso di tecniche, metodi, invenzioni e talenti) che ha mosso la storia d’Europa e, all’unisono, la narrativa che ha definito l’identità degli europei”. Enfin: “L’imminente ottantesimo anniversario della Liberazione dal nazifascismo, acquisito una volta e per tutte il ripudio di ogni guerra aggressiva, nazionalista, imperialista, dovrebbe essere un passaggio cruciale affinché l’Europa ritrovi lo spirito combattivo e, con esso, il senso della lotta. Fummo allora, noi europei d’Occidente, per l’ultima volta guerrieri. La Resistenza antifascista ci ricorda perché ripudiammo la guerra ma ci insegna anche le ragioni per prepararci, se necessario, a combatterla”. Capito giovanotti? Armiamoci, che poi partite voi: l’Erasmus è finito.
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