giovedì 29 giugno 2023

Su Santadeché

 

Pochi amici e trappole la trincea della ministra che odia le domande e si prepara a resistere

DI STEFANO CAPPELLINI

Nei giorni successivi alla nomina a ministra del Turismo, lo scorso autunno, Daniela Santanchè era raggiante. Ai suoi collaboratori ripeteva convinta di essere decisa a cambiare, se non proprio vita, almeno immagine: «Non vedrete più la vecchia Santanchè, basta vestiti esuberanti, basta tv, ora sobrietà, sobrietà, sobrietà». Si dice ci siano sempre un centinaio di imprevisti capaci di mandare all’aria anche il piano o il proposito meglio congegnato e che bisogna essere un genio per prevederne al massimo il venti per cento: difficile dire quanti ne avesse messi in conto Santanchè ma ne sono spuntati parecchi.
All’inizio della legislatura, in effetti, la ministra ha quasi smesso di andare nei talk show né ha più scomodato dagli armadi gli abiti compresi nello spettro cromatico, poco armo, dal fucsia al verde. Poi, però, è scoppiata la polemica per la campagna pubblicitaria “Open to meraviglia”, quella con la Venere del Botticelli influencer, e già lì è venuto meno il fioretto sulle apparizioni televisive, poi sono cominciati gli sfottò ed è saltata la continenza istituzionale, infine Report ha rimesso in fila impicci e imbrogli delle aziende di famiglia ed è quasi crollato tutto. Ora il mantra della ministra è un altro: resistere, resistere, resistere. Resisterà?

La difesa di Palazzo Chigi non è parsa granitica.
Nel nervosismo che Giorgia Meloni ha mostrato nelle ultime occasioni pubbliche il caso Santanchè ha una robusta quota di causalità. Meloni sa bene che un conto è blindare Donzelli e Delmastro in un vicenda, come il caso Cospito, nel quale tre quarti degli italiani facevano fatica a comprendere anche la materia del contendere, altro è legarsi mani e piedi alla tutela di una ministra in una storia dove, in attesa di eventuali sviluppi giudiziari, le questioni sono elementari: aziende spolpate e sull’orlo del fallimento, azionisti lasciati in braghe di tela, fornitori non pagati e messi in ginocchio, lavoratori licenziati e ancora in attesa del tfr. Pure gli alleati della maggioranza non paiono schierati a testuggine. Ieri la Camera ha approvato un ordine del giorno del Pd, su cui ha dato parere favorevole il governo, che chiede sanzioni per le aziende che hanno usato in modo fraudolento la cassa integrazione Covid, citando proprio la Visibilia di proprietà della ministra. Santanchè ha fatto buon viso sul parere del governo («Giusto così»), ma i fatti parlano chiaro: nessuno vuole incatenarsi per “Daniela”. Certo non il vicesegretario della Lega Andrea Crippa: «Sono curioso diascoltarla, se poi dovessero evidenziarsi irregolarità o illeciti, è giusto che si prenda le sue responsabilità». Questi sono gli amici. A Santanchè resta il supporto del concittadino cuneese Guido Crosetto, che in una intervista alCorriere della sera ha evocato lo spettro del dossieraggio generalizzato («C’è un dossier su tutti in Italia », le inquietanti parole del ministro della Difesa), la benevolenza di Matteo Renzi, che non vede problemi (Visibilia è concessionaria pubblicitaria del Riformista diretto dall’ex presidente del Consiglio), e soprattutto l’appoggio incondizionato di Ignazio La Russa,nella doppia veste di storico mentore e di attore per ora non protagonista della vicenda, dato che c’è la firma del presidente del Senato, in veste di avvocato di Santanchè imprenditrice, in un paio di documenti che riguardano le traversie delle società in questione. Bello scudo, in teoria. In pratica, negli spifferi parlamentari c’è chi ipotizza che proprio il coinvolgimento di La Russa potrebbe essere il peggiore degli affari per Santanchè, se le sue dimissioni dovessero rendersi necessarie per evitare che il caso si allarghi fino a creare imbarazzi alla seconda carica dello Stato. Poi resta lo staff di Santanchè al ministero, senza più la portavoce Nicoletta Santucci, ex di Lorenzo Guerini alla Difesa, che ha lasciato dopo appena tre mesi di lavoro e non per il caso Report. A guidare la squadra c’è il capo di gabinetto Erika Guerri, magistrato della Corte dei conti, quasi una ministra ombra, quindi il consigliere per i rapporti istituzionali Gianluca Caramanna, plenipotenziario di FdI sul turismo, e l’altra consigliera Luciana Scalzi, uscita dalla scuola di formazione di Denis Verdini. Dalla bolla del suo entourage la ministra trae sempre grande ottimismo: difficile che qualcuno le muova obiezioni.

Santanchè spera di trovare un alleato involontario in Roberto Gualtieri, che da ministro dell’Economia del Conte 2 fu autore della norma che prescrive all’Agenzia delle entrate di evitare il fallimento di aziende in debito con il fisco se e quando ciò crea un danno ai lavoratori (in questo caso, però, quasi tutti già licenziati). Sono giorni complicati all’Agenzia, perché qualsiasi decisione sarà presa sulla proposta di spalmare il debito di Visibilia si presta a strumentalizzazioni e accuse di conflitto di interessi. Un sì, che coinvolge inevitabilmente anche il Mef di Giancarlo Giorgetti, può passare per un favore politico. Un no per un atto ostile al governo, ragione sufficiente a causare le dimissioni della ministra.
Mercoledì prossimo è prevista l’audizione di Santanchè, non a caso in Senato e nella forma più protetta possibile, niente question time, solo un’informativa. Così ha deciso a maggioranza la capigruppo di Palazzo Madama. «È lo strumento più adatto per consentire alla ministra di spiegare. Il question time è strutturato in maniera tale che l’interrogato è sempre subalterno a chi interroga», spiega il ministro per i Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani. Insomma, Santanchè si sente più a suo agio se non c’è nessuno che le fa domande.

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