giovedì 29 giugno 2023

L'Amaca

 

Eppure l’audio era ottimo
DI MICHELE SERRA
Il difetto (mortale) della politica fatta per strappare applausi, o per piacere ai social, è che i contenuti, uno dopo l’altro, spariscono. Finiscono ingoiati dal tono e dal volume, come quando hai ascoltato una canzone ma non sapresti dire di che cosa parlava.
Il discorso di Meloni ieri in Parlamento conteneva un sacco di argomenti: il Mes, i migranti, il viaggio in Tunisia, le spese militari italiane ed europee, più varie ed eventuali. Su almeno uno dei temi trattati (la necessità di una maggiore autonomia militare dell’Europa) mi è sembrato, per un momento, di potere perfino essere d’accordo. Non fosse che un profluvio di retorica nazionalista, di inopinate accuse ai «comunisti» (??!!), e un tono quasi sempre sopra le righe — aumentando la vispolemica aumentava tragicamente l’accento romanesco — travolgevano ogni concetto. La cornice che si mangia il quadro.
Esiste una collaudatissima retorica da comiziante: ma perfino nei comizi è irritante, suona vecchia, declamatoria, e comunque può appellarsi all’alibi degli altoparlanti che non funzionano. Ma in Parlamento l’audio è perfetto, non c’è nessun bisogno di alzare la voce. E dunque il tono da comiziante in Parlamento disturba tre volte di più, perché il Parlamento non è una piazza e non è neanche una pagina Facebook.
Così alla fine, del discorso di Meloni, rimarrà il pittoresco urletto contro «i comunisti» e poco altro. Sui social qualcuno risponderà: taci tu che sei fascista. I contenuti rischiano di essere solo un pretesto per animare il solito vecchio match a chi strilla più forte. È faticoso seguire. Si passa volentieri ad altra occupazione.

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