La destra che non si conosce
DI MICHELE SERRA
“Da riscoprire”, dicono i capi vecchi e nuovi della destra di potere. Dev’essere un problema loro. Devono essere sfuggite, a questo comitatone di riscopritori, le decine di mostre sul futurismo e le opere di futuristi appese, da sempre, in ogni spazio espositivo italiano che si occupi del Novecento. O vogliono raccontarci che i quadri di Balla, Depero, Boccioni debbano essere sortiti dagli scantinati e ripuliti dalle ragnatele?
Devono avere biblioteche molto povere.
Soffici, Longanesi e Papini nella mia ci sono, e i libri di Prezzolini sono uno sproposito, almeno cinquanta – ma questo non è mio merito, è un lascito: mia madre era una sua accanita lettrice. La mia biblioteca “di sinistra” pullula di autori “di destra”, volendo adottare questo schemino anti-culturale già in partenza. Niente e nessuno ha mai impedito di leggerli: difatti li ho letti. Niente e nessuno ha mai impedito di conoscere Balla, Depero e Boccioni: difatti li conosco. Era il fascismo che vietava. Non la democrazia.
È dunque legittimo il sospetto che siano i “riscopritori” a non avere mai conosciuto i loro intellettuali, dal momento che ne parlano come di una salma da riesumare. Ed è un vero peccato: perché se leggessero, per esempio, il severo, impassibile, laico Prezzolini, amaramente antitaliano, o il cinico Longanesi, si accorgerebbero che la presente destra populista, e specialmente il berlusconismo con tutta la sua demagogia e le sue clientele, sono precisamente l’opposto di quell’antico pensiero conservatore.
Sarebbero indotti a prendere le distanze, se non da se stessi, dalle loro poltrone di ministro, conquistate sulla scia dei cori ultras che echeggiano perfino sul sagrato del Duomo. Prezzolini, quei cori, li avrebbe schifati.
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