Quante volte, Figliuolo?
di Marco Travaglio
Senza offesa per lui e per i ventisette nastrini che gli piastrellano il lato sinistro dell’uniforme, zavorrandolo a terra contro le folate di vento, il generalissimo Francesco Paolo Figliuolo ci ricorda per versatilità un personaggio del film di Carlo Verdone Troppo forte: l’avvocato Gian Giacomo Pignacorelli in Selci, interpretato da Alberto Sordi, che di punto in bianco dimentica l’arte forense e diventa un ballerino-coreografo, passando dalla toga alla tutina aderente, dalle arringhe ai passi di danza sull’aria di Oci Ciornie e abbandonando gli attoniti clienti, a cominciare da Verdone-Oscar Pettinari che neppure riconosce: “Calmati, giovane, fammi riflettere un momentino… ma chi sei: il fruttarolo?”. Le due anziane sorelle fanno coraggio al giovanotto ricordando “quando faceva il dentista e cavò tre denti al fruttivendolo che gli fece causa perché erano tutti sani”. Alle pareti, le foto delle sue precedenti incarnazioni accanto a papa Giovanni e a Togliatti. Analogamente, nel breve volgere di due anni, Penna Bianca è passato da comandante della logistica dell’Esercito a commissario straordinario contro il Covid ad autore di un’autoagiografia scritta a quattro mani con Severgnini (o forse a sei con Toto Cutugno: Un italiano) a stratega del Comando Operativo di Vertice Interforze (dal Covid al Covi) sul fronte ungherese a candidato del Foglio come commissario al Pnrr all’ultimo incarico agguantato giusto ieri: commissario sempre più straordinario all’alluvione e alla ricostruzione in Emilia-Romagna.
A parte i rischi di personalità multipla e di crisi di identità, il vero pericolo è che il nostro eroe multiuso svolga ciascun incarico con la stessa enciclopedica approssimazione con cui espletava gli altri. O, peggio, che confonda una missione con l’altra: tipo prosciugare la melma con le siringhe e le mascherine avanzate dalla campagna di Covid, o bandire gli appalti a cannonate, o scambiare le ruspe e le betoniere con i tank e le rampe da missili, o spendere senza controlli e rendicontare con un paio d’anni di ritardo, condendo il tutto con le sue frasi secche e perentorie da colonnello Buttiglione che si portano su tutto: “Sono abituato a vincere”, “Svoltiamo”, “Acceleriamo”, “Cambiamo passo”, “Chiudiamo la partita”, “Fuoco a tutte le polveri”, “Diamo la spallata”, “Stringiamci a coorte” (incurante dell’infausta rima), “Fiato alle trombe” (libera citazione da Mike Bongiorno), “Non siamo ancora a régime (“E – chiosò Maurizio Crozza – stiamo andando a pùttane”). Sempre sperando che avesse torto Aldous Huxley, quando diceva: “Ci sono tre tipi di intelligenza: l’intelligenza umana, l’intelligenza animale e l’intelligenza militare”.
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