mercoledì 1 febbraio 2023

Richieste perpetue

 

Il Fanta-Zelensky. Indovina cosa chiederà oggi il premier ucraino
di Alessandro Robecchi
Più del fantacalcio, tragicamente imprevedibile, più del fantaSanremo, gioco di società per famiglie, impazza da mesi il fantaZelensky, incentrato sulla capacità di indovinare le richieste del presidente ucraino alla comunità internazionale, ogni giorno rinnovate, anche con una certa capacità di sorpresa. Per dire: è dell’altro ieri la strabiliante richiesta (alla Germania) di sommergibili (!), richiesta che segue la richiesta di carri armati, che segue la richiesta di caccia F-16, che segue la richiesta di missili a lunga gittata, eccetera, eccetera. Ci sveglieremo una mattina con la pressante richiesta di gas nervino? Di testate nucleari? La politica italiana, che ubbidisce agli ordini battendo i tacchi, aumenta al 2 per cento del Pil la spesa in armi: “Riempire gli arsenali e svuotare i granai” è la parola d’ordine, accolta con grandi applausi da parte del novanta per cento (abbondante) di giornali, tivù, e in generale degli apparati informativi del paese.
In attesa degli sviluppi militari (non entro nelle questioni belliche) e degli sviluppi della propaganda (non entro nelle polemiche sanremesi), balza agli occhi una questione generale – diciamo così strutturale della nostra democrazia – su cui vale la pena riflettere. L’opinione pubblica sembra scollata, distante, lontanissima dall’opinione dei media. Senti la gente, guardi i sondaggi e apprendi che la maggioranza degli italiani è contraria a ulteriori invii di armi in zona di guerra; poi leggi i grandi giornali, o ascolti un qualunque telegiornale, o notiziario, e la sensazione è quella opposta: appoggio incondizionato, avanti fino alla vittoria finale, eccetera, eccetera.
Uno scollamento strabiliante, non nuovo ma mai visto in queste dimensioni, con le storture e le anomalie che ne seguono. La prima, macroscopica, infantile e un po’ miserabile, l’accusa di “stare con Putin” a chiunque immagini soluzioni diverse dalla guerra a oltranza; quindi chi pronuncia parole come “cessate il fuoco” o “trattative” diventa una specie di Rasputin assetato di sangue alle dipendenze del Cremlino. La seconda, un po’ ridicola, è la voluta confusione storica per cui la Russia (la Russia di Putin, quel mefitico concentrato di nazionalismo che ha privatizzato le ricchezze del Paese) sarebbe ancora sovietica quando fa comodo, o imperiale quando fa comodo, bolscevica se serve, a piacere. Terzo elemento, piuttosto inquietante, la necessità – data dallo spirito embedded della stragrande maggioranza dei media – di nascondere accuratamente i limiti, diciamo così, della presunta democrazia ucraina. Tanto che quando Zelensky fa pulizia di alcuni politici e funzionari corrotti, pochissimi notano – e tutti tra le righe – che la giustizia in Ucraina è assoggettata al potere politico, che si sono messi fuori legge partiti, chiusi giornali, si sono unificate reti televisive e altre cosucce ancora. “L’Ue insiste da mesi che il sistema giudiziario ucraino sia reso indipendente”, scrive il Corriere della Sera come en passant, un inciso, un apostrofo rosa tra le parole: stiamo riempiendo di armi un Paese non Ue che non ha nemmeno lontanamente i requisiti per entrarci.
La sensazione è che ci siano due opinioni pubbliche: quella dei cittadini, oltre il 50 per cento contrari a nuovi invii di armi, che conta pochissimo, e quella dell’informazione (vorrei dire delle élite) che invece è favorevole al 98 per cento e pesa parecchio. Uno scollamento che è un dato di fatto, non positivo in una democrazia, comunque la si pensi sulla guerra, sulle armi e su Sanremo.

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