Riscriviamo tutto. Com’è possibile che nei Malavoglia siano tutti terroni?
di Alessandro Robecchi
È solo un piccolo segnale, un inizio incoraggiante, non fermiamoci, ora! Avanti con la revisione politicamente corretta dei testi – classici e non – della letteratura mondiale! Hanno cominciato, com’è noto, alla Puffin Books, casa editrice inglese che ha riscritto i capolavori di Roald Dahl, cancellando parole come “grasso” e “brutto”, che non vanno bene, perché se uno è grasso o brutto si sente discriminato e smette di leggere. Giusto! È solo l’inizio. Vi sembra possibile che nei grandi romanzi russi dell’Ottocento siano tutti bianchi? Che assurdità! Una vera discriminazione! Ora almeno un fratello Karamazov del Congo bisognerà mettercelo, senza contare che il povero principe Myškin, che è tanto puro ma un po’ indietro di comprendonio, non potrà essere più chiamato “l’idiota”, Dostoevskij se ne faccia una ragione! Naturalmente è inaccettabile che in Via col vento i ricchi siano tutti bianchi e i neri facciano gli schiavi, si suggeriscono edizioni alternate: i bianchi fanno gli schiavi negli anni dispari, con “signorina Rossella” presa dai campi di cotone, e la sua domestica, che le stringe il busto e le porta la colazione, una bianca del Wisconsin, ma non grassa come nel romanzo, se no si ricomincia daccapo.
Possibile che nei Malavoglia siano tutti terroni? Avanti, ditelo! E I Promessi sposi allora? Con tutta quella gente che non vuole vaccinarsi, che insegnamento sarebbe per i nostri giovani?
Come può sentirsi una signora anche leggermente sovrappeso in visita a villa Borghese davanti al mirabolante sedere di Proserpina scolpita dal Bernini durante il suo rapimento? Urge marmo con almeno un pochino di cellulite. Sia chiaro che vale anche per i maschietti: gli addominali del David sono uno schiaffo a chiunque sia costretto a nutrirsi di panini e di mense aziendali, una vera discriminazione! Eppure sarebbe facile: un paio di saldature ben fatte, un piccolo rinforzo di metallo, ed ecco che i bronzi di Riace sarebbero più politicamente corretti, con la loro pancetta da birra e i bicipiti almeno un po’ flaccidi. Così noi umani potremmo andare a vederli senza sentirci proprio delle merde, discriminati, umiliati, sprofondati nella vergogna.
Certo si esagera (ma chissà, non poniamo limiti all’idiozia umana) e tutto accade nel mondo surreale della cultura woke e del revisionismo storico-artistico della società tristemente contemporanea, per cui si vorrebbero valutare cose di altre epoche alla luce delle convinzioni e dei parametri culturali dell’oggi. Nell’abbottonatissimo Ottocento, così pudico e sessuofobo, ovvio che Mozart potesse sembrare un pericoloso libertino, ma nessuno si è sognato di riscrivere il Don Giovanni, il revisionismo artistico non era arrivato a tanto nemmeno allora.
Tutto questo correggere il passato fa una certa impressione, poi, se si esce dal surreale dibattito e si fanno due passi nella società contemporanea, quella vera, e si scopre che le discriminazioni – reali, non letterarie – aumentano anziché diminuire. Che si parla di guerra con gli stessi toni garruli, disponibili e possibilisti – perché no? – del 1938, che si corre a comprare cannoni invece di ospedali, che i poveri sono più poveri, i ricchi più ricchi, i cittadini meno informati, i potenti più impuniti, le donne ammazzate di botte o a pistolettate. La sensazione è che tutta quest’ansia di cambiare il passato serva più che altro a mantenere il presente così com’è: niente più grassi e brutti nei libri, e poi, quando posi il libro, l’allegro massacro continua.
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