giovedì 15 settembre 2022

Daniela!

 

Calenda, Di maio e B.: È il podio del “gringe” da caccia al voto
DI DANIELA RANIERI
“Cringe” è un termine icastico con cui i giovani iperconnessi indicano un gesto o un comportamento estremamente imbarazzante, insieme ridicolo e atroce, ancorché impietosente e capace di far contrarre i muscoli e il cuore di chi vi assiste. L’attuale campagna elettorale offre tre esempi preclari, pienamente degni di entrare nel manuale del cringe internazionale.
Al terzo posto, Berlusconi che sbarca su TikTok, il social dei ragazzini pieno di video scemi, infantili e di cattivo gusto (infatti c’è anche Renzi). Esordisce con un eloquio che pretende essere frizzante e leggero: “Ciao ragazzi! Sono ancora io, e questa sera mi sono messo la cravatta!”. Il tono (e la cera) ricorda i clown-intrattenitori alle feste di compleanno per settenni. “Quando posso cerco di rispondere alle vostre domande, ma”, e qui assume una cadenza canzonatoria, querula, manipolatoria, “è davvero difficile leggerle tutte!”. Farfuglia cose sulla scuola e il successo col tono del televenditore (ciò che in fondo è sempre stato), fino a un “solo chi ci crede vince!” sfiatato e sepolcrale. Il prosieguo è raggelante: “Mi rivolgo a chi di voi ha più di 18 anni, per chiedervi cosa?”, la pausa è agghiacciante, “di presentarmi la vostra ragazza? Macché…”. Un brivido metastorico di pena, afflizione e sincera preoccupazione per la chiara circonvenzione di un anziano costretto a esibirsi secondo estro impedirebbe di continuare la visione, ma: “Ciao ancora e Tik, Tok… Tak!” è il raccapricciante finale.
Al secondo posto si piazza Di Maio, leader di Impegno civico, nome che fa sempre pensare a un grande sforzo. “Caro Calenda, anche un ‘venditore di bibite’ merita rispetto. La cultura di odio e disprezzo che tu alimenti è classista”, ha detto al leader di Azione che invitava a non votare i “venditori di bibite”. Buffissimo e lancinante: colui che per l’establishment politico-editoriale era un “ex bibitaro”, se non un “bibitaro” tout court, oggi, ripudiato Conte, è l’elogiatissimo ragazzo-spazzola di quell’establishment di cui nelle pescherie di Napoli va a vendere il prodotto di punta: l’agenda Draghi (l’anima risultava già venduta), che poi è il programma di Calenda.
Il quale Calenda, che nelle pause da Twitter è parlamentare europeo a 9mila euro lordi al mese più rimborsi e indennità, al 622esimo posto su 705 parlamentari in quanto a presenze, vince il primo premio per la cringiata più clamorosa. Non invitato al confronto del Corriere.it tra Letta e Meloni, finge di essere collegato con loro: quando il direttore Fontana rivolge una domanda a uno dei due veri dibattenti, lui aspetta che quello/a finisca, poi qualcuno mette in pausa il video originale e risponde anche lui. Il cuore sanguina. Dopo la foto col cigno, i dialoghi con “Er Faina”, il 15% garantito alle Amministrative rivelatosi poi lo 0,4%, Calenda parla da solo, auto-denunciandosi in quanto imbucato della politica e interferenza umana (alle sue spalle, lo slogan del sedicente Terzo Polo: “L’Italia, sul serio”). Così il “faccia-a-faccia” Letta-Meloni si trasforma in un “faccia-a-faccia-a-faccia”, la quale terza faccia, però, sarebbe stato necessario averla. Competente per assenza di prove (vedi Ilva, Alitalia, Almaviva, Fincantieri, Mercatone Uno, etc.), Calenda è lì per promuovere l’agenda Draghi, ribattezzata “metodo Draghi” perché la carta costa.
Renzi, che a Calenda provocava “orrore” per i suoi rapporti con un sanguinario despota saudita, ha furbamente lasciato a lui il ruolo di front runner della raffazzonata coalizione: dove lo trovi uno così perfetto a cui dare la colpa quando si vedrà che il Terzo Polo era in realtà sesto o settimo?
Beninteso: Renzi è, come sempre, fuori classifica (“Lancio una challenge agli altri ex premier!”). Se gli altri sono principianti, amatori, tirocinanti, lui è il virtuoso, il Fosbury, il Paganini della cringiata. (Ripetiamo: lo slogan di Calenda-Renzi è: “L’Italia, sul serio”).

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