Costituzione tradita da anni. E adesso raccogliamo i frutti
L’ORIZZONTE SI FA SEMPRE PIÙ NERO - L’inversione di rotta. Dopo il 1989 una parte della sinistra che era stata comunista abbandonò ogni velleità e si diede una sola parola d’ordine: integrarsi
DI TOMASO MONTANARI
Bisognerebbe evitare di parlare di “neofascismo”: perché il fascismo in Italia non se n’è mai andato. Ma allora dobbiamo chiederci perché ad un certo punto abbia rialzato la testa fino ad arrivare al governo con Berlusconi (che si vantò espressamente di aver costituzionalizzato i fascisti: peccato che non avessero per nulla abiurato al fascismo), ed oggi forse fino a guidarlo. La ragione sta nel tradimento del progetto della Costituzione. Come ha ben detto Sergio Mattarella, il fascismo è il contrario della Costituzione: se ci si chiede cos’è il fascismo, basta infatti prendere tutti i valori della nostra Costituzione e ribaltarli.
Fra tutti, uno a me molto caro è l’idea che la cultura – al centro dell’art. 9 – sia il vaccino che si somministrava alla neonata Repubblica perché non riprendesse il virus del fascismo. In Costituente Concetto Marchesi dice che il presidio della nazione da quel momento in poi sarebbe stata la scuola, e non più l’esercito, aggiungendo che la leva degli eserciti si è sempre fatta, ma la leva delle intelligenze mai. Oggi siamo al capo opposto: con il governo Draghi, siamo a una spesa militare che viaggia verso il 2% del pil mentre tutte le università italiane sono finanziate con lo 0,3%.
Se oggi Fratelli d’Italia è accreditato dai sondaggi come il primo partito di coloro che votano – ribadisco: di coloro che votano, e qui c’è il grande problema di andare a riprendersi l’altra metà del Paese che non vota – è perché la Costituzione è stata tradita. In occasione del 25 aprile 1970 Sandro Pertini, presidente della Camera, fa un discorso in cui dice: “Noi non vogliamo abbandonarci a un vano reducismo”. E in effetti per troppo tempo la celebrazione del 25 aprile è stato vano reducismo. “Siamo qua – continuava – per riaffermare la vitalità attuale e perenne degli ideali che animarono la nostra lotta. Questi ideali sono la libertà e la giustizia sociale che a mio avviso costituiscono un binomio inscindibile”.
Se noi parliamo solo di libertà e non parliamo di giustizia sociale, affondiamo il progetto della Costituzione. Temo che quello che viviamo oggi sia il frutto del fatto che a un certo punto abbiamo cominciato a smontare il progetto della Costituzione, a partire dalla precarizzazione del lavoro, dalla sistematica distruzione del lavoro come strumento fondamentale di partecipazione alla vita politica del Paese, Secondo l’articolo 1 “La sovranità appartiene al popolo”, e la Repubblica è “fondata sul lavoro”. Il nesso sta qui: se lo spezzi, non avrai più la Repubblica democratica, non avrai più la sovranità popolare.
Ma quando è iniziata l’inversione di rotta? Succede che, quando nell’89 crolla il Muro, una parte della sinistra italiana, quella che era stata comunista, si sente sconfitta anche nelle ragioni profonde e abbandona ogni velleità di cambiare il mondo. La parola d’ordine è: integrarsi. In più, in Italia, prende corpo un patto scellerato di mutua legittimazione con quelli che erano stati fascisti. Come altro leggere infatti il terribile discorso di Luciano Violante presidente della Camera, del 9 maggio 1996, quello sui “ragazzi di Salò”? Un discorso per cui il repubblichino Mirko Tremaglia lo va ad abbracciare, e dice di essersi sentito dire finalmente quello che da sempre aspettava. Era stata buttata alle ortiche la discriminante antifascista, si iniziava ed equiparare le due parti.
Ricordo le parole dure e coraggiose che Antonio Tabucchi scrisse su Carlo Azeglio Ciampi. Ciampi era stato un partigiano, aveva fatto la Resistenza da militare, con ideali mazziniani forti. Ma quando diventa presidente della Repubblica, è come se non riuscisse più a resistere alla pressione continua degli ex missini, degli ex fascisti che, riesumati da Berlusconi, chiedono una sostanziale equiparazione. Così, riferendosi a Salò, arriva a parlare di “giovani che fecero le scelte diverse”. Tabucchi gli scrive una lettera aperta durissima in cui dice che il “blanchissage di Salò è cominciato da tempo… Del suo iniziatore, il deputato ex comunista Violante si dice avesse ambizioni di capo dello Stato e che dovesse conquistarsi le simpatie della destra in Parlamento. Ma dal Capo dello Stato in carica non me lo sarei aspettato”.
Era il 2001 e Tabucchi si chiede: fra tra vent’anni che cosa vedremo? Vent’anni dopo arriva il Giorno del ricordo: arriva cioè la rottura formale, ufficiale, della retorica pubblica di uno Stato non più antifascista. Oggi per battere il fascismo, e anche l’anti-antifascismo (un felice conio di Giorgio Bocca) strisciante della borghesia italiana, l’unica strada è un ritorno al progetto della Costituzione: giustizia sociale, eguaglianza, cultura, scolarizzazione. Se il fascismo oggi torna così forte, così prepotente, è perché quel progetto, che è il contrario del fascismo, noi l’abbiamo tradito. E l’abbiamo tradito da sinistra.
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