Meloni-Gandhi, il Titanic Calenda e il circo dei contorsionisti da talk
TV - Come passare dalle previsioni alla realtà
DI DANIELA RANIERI
Gli exit-poll sono tremendi, per il parco-analisti televisionaro e giornalaro d’establishment. Non è tanto la vittoria di Meloni, è che vedono sgretolarsi minuto dopo minuto i feticci onanistici con cui si sono trastullati per mesi: Agenda Draghi, Terzo Polo, Di Maio statista alla De Gasperi, Calenda forte nei collegi uninominali.
Negli studi i giornalisti draghiani guardano nel vuoto: “Non si registra un’affermazione netta di chi ha appoggiato il governo Draghi”, dicono ostentando obiettività, come se non fosse la smentita di quello che hanno detto fino a poche ore prima.
L’Agenda Draghi, ora apocrifa, vaga intorno a mezzanotte tra Viale Mazzini e gli studi de La7 in cerca di qualcuno che se l’accolli.
Lo fa eroicamente Letta il giorno dopo: “Se siamo arrivati al governo Meloni è perché Conte ha fatto cadere Draghi”. Cioè, della disfatta di tutto ciò che puzzava di governo Draghi accusa l’unico che aveva capito che morire per il governo Draghi era folle e che il governo Meloni sarebbe stato l’effetto della stagione dei Migliori.
Renzi e Calenda mandano Rosato a commentare l’exploit al 7,9% di Azione-Iv. “È un grande risultato, siamo l’unica forza nuova, aspettiamo i risultati definitivi”, dice. Lo interrompono per dare le nuove proiezioni: il Terzo Polo è al 7,8%.
Il compiacimento per la disfatta del Sesto Polo del duo comico Renzi-Calenda non permette di apprezzare appieno la caduta di Salvini (lo avevamo dato per “bollito in salsa veneta” già l’8 settembre). È sotto al 9%, la metà esatta del tasso alcolico del mojito.
Rosato dice che Calenda aveva fissato l’asticella alla doppia cifra (in effetti è doppia, se si toglie la virgola), ma ciò non li scoraggia, anzi, e comunque sono solo exit-poll. Lo interrompono: Azione-Iv è al 7,7%. Cioè, ogni volta che parla perdono lo 0,10%. Lo chiudono in bagno.
La Serracchiani sull’orlo delle lacrime deplora la legge elettorale, che ha fatto il Pd e porta il nome di Rosato.
Di Maio e Carfagna perdono a Napoli contro Costa del M5S, che doppia Di Maio; a Cremona Santanchè doppia Cottarelli, “punta di diamante del Pd”. Nessuno fa l’inferenza che l’Agenda Draghi era la più grande minchiata mediatica dai tempi della sobrietà di Monti.
A tarda notte parla Francesco Lollobrigida (FdI), futuro ministro di qualcosa: ha una voce con picchi striduli che il confino a Ventotene tutto sommato…
Ecco Meloni. Tutti ne elogiano lo “stile moderato”. Non è più l’erede di Almirante, la groupie di Mussolini, la Le Pen della Garbatella. Siccome non si è presentata in orbace tipo Mussolini che inaugura Carbonia, per i commentatori riposizionantisi è già un incrocio tra Mariano Rumor e Indira Gandhi.
La Boschi su La7, radiosa come avesse vinto: in realtà ha perso male in Calabria, dove era stata traslata da Bolzano; ma il Rosatellum le concede di essere ripescata altrove, sennò sarebbe fuori dal Parlamento: perciò ride. Denigra Letta, elogia il Jobs Act, rimpiange il referendum del 2016. I renziani sono insieme sé stessi e la loro parodia.
Cottarelli non si vede. Lo aspettiamo da Fazio col Mago Forest e Nino Frassica.
E Renzi? È in volo per Tokyo, dove parteciperà al funerale di Shinzo Abe, premier nazionalista di destra, chissà se a titolo di senatore toscano, di conferenziere al soldo di un satrapo saudita, di perdente o di poliglotta (e chissà se gratis). Ha abbandonato Calenda a twittare da solo in un parcheggio della Ztl. Quando uno è un galantuomo.
Gli analisti avanzano un’analisi: forse il Pd ha sbagliato a non allearsi col M5S e ha pagato la linea iper-atlantista sulla guerra? Cioè, lo accusano di aver fatto esattamente quello che loro gli raccomandavano di fare, indicandolo ex-cathedra agli elettori come la panacea.
Una preghiera agli ex 5Stelle che sono andati con di Maio sicuri di essere rieletti. Impegno Civico è allo 0,5%, la percentuale fisiologica di elettori che sbagliano a mettere la croce: una decina voleva votare Scelta civica, tre non avevano gli occhiali, un paio sono inciampati nel seggio con la matita in mano e la scheda era valida.
Calenda, terzo al collegio di Roma 1, sconfitto pure dalla ex alleata Bonino, si presenta con tre ministre (mute) del governo Draghi in rappresentanza dell’Agenda omonima e sprizza veleno contro il Pd. Dice che il Paese ha bisogno di lui, si tratta di aspettare che se ne accorga. Sputa sugli elettori: “La gente vota come se fosse il televoto del Grande Fratello per chi urla di più”, dice, ma se così fosse avrebbe vinto lui, che infatti è senza voce. Comunque su Twitter ha il 38% e tanto basta.
“Occhi di tigre” Letta parla nel day after e dà la colpa a Conte. Stando ai suoi manifesti elettorali, tra Europa e Putin l’Italia ha scelto Putin. Lui torna a insegnare a Parigi. Quando uno è uno stratega, c’è poco da fare.
Comunque, tutti concordano su una cosa: le alte percentuali del M5S al sud si devono al Reddito di cittadinanza, cioè ai poveri che ne hanno bisogno e hanno votato la forza politica che glielo assicura. Perché non muoiono?
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