venerdì 9 settembre 2022

L'Amaca

 

Noi che non siamo del Commonwealth
DI MICHELE SERRA
Elisabetta Windsor Mountbatten, regina del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, regina di Antigua e Barbuda, Canada, Belize, Australia, Bahamas, Grenada, Giamaica, Nuova Zelanda, Papua Nuova Guinea, Saint Lucia, Saint Kitts and Nevis, Isole Salomone e Tuvalu, Saint Vincent e Grenadine, governatore supremo della Chiesa d’Inghilterra, comandante in capo delle Forze Armate, signora dell’Isola di Man e sovrana di Jersey e Guernsey, è stata un’ottima professionista, dai nervi saldi e dalla salute di ferro. Oltre a questo, per dirla all’inglese, è stata un’adorabile vecchia signora.
La sua malaugurata scomparsa ci lascia tutti molto dispiaciuti. Il problema è che questo dispiacere, comprensibilmente notevole per i suoi sudditi, sarà soverchiante anche nel resto del mondo, con milioni di pagine di giornale e di ore di telegiornali, miliardi di articoli, giorni e giorni di commemorazioni.
Non essendo l’Italia membro del Commonwealth, sarei favorevole a un più sobrio resoconto storico-biografico del suo regno, ma temo non sarà possibile. Per ragioni (per me) inesplicabili, la famiglia reale inglese, fino ai cugini di secondo grado, alle e agli amanti, alle dimore, ai cappellini, ai cagnolini, è oggetto di un culto planetario. Nessuno saprebbe dell’esistenza di Meghan Markle se avesse sposato un nipotino della regina di Norvegia. Nessuno, del resto, sa nemmeno se la regina di Norvegia ha dei nipoti.
Pur essendo l’Impero Britannico una reliquia, e quell’isola neanche più membro dell’Europa, se ne parla ancora come del centro del mondo. Ci sono cose, nella testa degli uomini, che agiscono per inerzia anche secoli dopo la loro fine.

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