mercoledì 30 agosto 2023

L'Amaca

 

L’unica “bonifica” che serve davvero
DI MICHELE SERRA
La presidente Meloni fa benissimo ad andare a Caivano di persona, la presenza fisica delle autorità, in epoca social, vale il doppio e anche il triplo. Si spera, tra le altre cose, che abbia occasione di verificare che il termine «bonifica», da lei usato per illustrare le intenzioni del governo per quel territorio e la sua gente, si adatti alle paludi e ai terreni contaminati, non agli esseri umani e alla loro vita sociale.
Si capisce che le tradizioni del Ventennio, che seppe bonificare qualche acquitrino malarico anche grazie alla semi-deportazione di manodopera povera del Nord (i veneti, nell’Agro Pontino, fecero miracoli), influenzino il lessico meloniano.
Ma più che «bonificare» i posti come Caivano, tenendo meglio a bada i ceffi vecchi e giovani della malavita, ci sarebbe da valorizzare e finanziare il lavoro inestimabile e coraggioso degli insegnanti, degli assistenti sociali, dei volontari e delle associazioni che in mezzo a quel deserto cercano di sventolare, ostinatamente, la bandierina della cultura, della solidarietà, del rispetto e, non ultima, della democrazia. Ogni ragazzino e ragazzina sottratto ai modi bruti e all’estetica ripugnante della sopraffazione, esposto a qualche parola di valore che lo aiuti a contraddire la miseria morale che lo alleva (“famiglia” è un concetto, da quelle parti, non sempre rassicurante) è un mattone in più per costruire gentilezza e umanità. Servono quattrini, scuole, impianti sportivi, biblioteche, serve politica sociale, presenza dello Stato, e serve soprattutto che gli italiani paghino le tasse per finanziare il tutto.
Da bonificare, in questo senso, c’è la palude infetta nella quale allignano l’egoismo sociale e la tirchieria degli evasori. Ne parli, Meloni, con il suo vice Salvini, vedrà che da quell’orecchio non ci sente.

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