domenica 27 agosto 2023

L'Amaca

 

L’imitazione al potere
DI MICHELE SERRA
La foto segnaletica di Trump è inclassificabile.
Tecnicamente, sarebbe cronaca: è — appunto — una foto segnaletica, scattata all’interno di una prigione presumibilmente con lestesse identiche modalità di altre istantanee “burocratiche”. Ma al nostro sguardo quel volto in posa da “cattivo” che promette vendetta sembra pura fiction: il manifesto di una serie su Trump non potrebbe scegliere un’immagine più efficace. Sembra selezionata tra decine di scatti in un teatro di posa.
Quella foto, subito iconica in tutto il mondo, sancisce una volta per sempre che il confine tra realtà e fiction è oramai irrintracciabile — una fessura quasi invisibile sotto una patina ormai pluridecennale di imitazioni reciproche tra i fatti e lo spettacolo dei fatti. Non c’è angolo della vita sociale nella quale sembri netta e bene intellegibile la distanza tra la realtà e il suo spettacolo. La criminalità, il sesso, la guerra, infine la politica sono perennemente sospesi tra la carne di cui sono fatti e il relativo show. E così come il criminale vero è sospettabile di emulare l’estetica e il linguaggio delle varie serie sulla criminalità (rovesciando il rapporto causa/effetto) e lo stupratore, tra i suoi moventi, ha l’impulso di avere qualcosa di forte da filmare e mettere in rete, Trump interpreta Trump con la passione folle dell’attore che non potrà mai interpretare un altro ruolo.
Quando si dice che “per Trump la verità non esiste”, si dice questo. Esiste un copione secondo il quale lui e il popolo americano sono defraudati e ingannati. È su quel copione che si andrà a votare negli Usa. E molti atti e pensieri, nel mondo, accadono al solo scopo di entrare a far parte del palinsesto.

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