"Le sentenze sulla strage inchiodano l'Msi Proteggevano Bellini, Meloni non ha più scuse"
di Franco Giubilei
«C'è una sfilza di terroristi che arrivano tutti dall'Msi, chi proteggeva Bellini erano senatori del Msi, e la presidente del Consiglio comunque rivendica la sua formazione politica in quel partito». Mancano pochi giorni al 2 agosto, quando saranno quarantacinque anni dall'esplosione della bomba alla stazione di Bologna, e il presidente dell'Associazione familiari delle vittime Paolo Bolognesi torna con durezza ancora maggiore sulla polemica che l'anno scorso lo vide protagonista degli attacchi alla premier Giorgia Meloni.
Argomento, oggi come allora, il legame mai reciso fra la destra di governo attuale e il partito che fu di Giorgio Almirante, a sua volta imparentato – lo sostiene Bolognesi sulla base delle condanne definitive a Gilberto Cavallini, Paolo Bellini e ai mandanti della strage – con gli ambienti neofascisti da cui provengono i protagonisti di quell'evento terribile. È in questo clima che Bologna si prepara alla commemorazione del 2 agosto, con i discorsi nel piazzale della stazione e la partecipazione della ministra dell'Università Anna Maria Bernini.
Bolognesi, che dopo 29 anni sta per lasciare la guida dell'Associazione a Paolo Lambertini per raggiunti limiti d'età (ne ha quasi 81), intanto, rincara: «Ci sono tante altre cose passate in giudicato che inchiodano la presidente del Consiglio, che diceva che parlare di una genesi dei terroristi attraverso il partito di destra Msi metteva a rischio l'incolumità del Consiglio dei ministri».
Perché sente il bisogno di tornare sulla polemica con la premier?
«Perché mentre un anno fa c'erano sentenze d'appello, oggi quelle pronunce sono passate in giudicato, e adesso rispondiamo, in modo che così abbiamo già risolto il problema: parlo della condanna all'ergastolo di Gilberto Cavallini per il suo ruolo nella strage di Bologna e di quella di Paolo Bellini, oltre che dei mandanti».
E qual è il rapporto con la destra attuale?
«Bellini ha dichiarato più volte, senza essere mai smentito, che era infiltrato in Avanguardia Nazionale per conto di Almirante (allora segretario del Msi, ndr). Sempre Bellini era aiutato, quando si chiamava Da Silva, da uno o più senatori dello stesso partito. Siccome Giorgia Meloni diceva che il Movimento sociale è il suo partito di formazione, non deve prendersela se si parla di queste cose, perché sono i processi che le hanno portate alla luce. Un altro esempio? Carlo Cicuttini, allora segretario di una sezione dell'Msi a Manzano, in Friuli, telefonò ai carabinieri per una macchina sospetta che esplose, uccidendo tre militari: la strage di Peteano del 1972. Il Movimento sociale reperì 32 mila dollari per l'operazione alle sue corde vocali che ne rendesse la voce irriconoscibile».
Il 2 agosto dell'anno scorso la premier ha detto che i suoi attacchi erano ingiustificati e fuori misura.
«Gli attacchi sono venuti fuori dagli atti dei processi: se leggessero le sentenze dovrebbero ammettere che alcune persone del loro ex partito hanno avuto un passato di un certo tipo e che sono in sintonia con il mondo delle stragi».
Secondo lei ci sarebbe un rapporto fra le idee di Licio Gelli e la separazione delle carriere prevista dalla riforma della giustizia?
«Il Piano di rinascita democratica di Gelli, colui che ha voluto, organizzato e finanziato la strage di Bologna, prevedeva la separazione delle carriere per mettere la magistratura sotto il controllo dell'Esecutivo».
Ma questo stabilisce una relazione con l'operato del governo attuale?
«Dico solo che il progenitore della riforma è stato Gelli, che tutti i vertici dei servizi erano della P2 e sono quelli che hanno gestito il caso Moro, la strage di Bologna e l'uccisione di Piersanti Mattarella. Se ci dimentichiamo questi percorsi allora sono tutte fandonie. Quello di Gelli era un piano golpista».
Su cosa si fonderebbe la continuità fra il passato eversivo, il Msi e la destra attuale?
«Quella implicata nella strage è tutta gente che viene dal Movimento sociale e noi abbiamo una presidente del Consiglio, che ha giurato sulla Costituzione antifascista, che però non riesce a dirsi antifascista. Io ci vedo una continuità con quella gente: o la scarichi, oppure la continuità c'è. La premier d'altra parte rivendica con orgoglio di essersi formata nell'Msi».
Meloni ha anche detto, sempre rispondendole un anno fa, che i suoi attacchi mettevano in pericolo l'incolumità di chi è al governo democraticamente eletto.
«Io ho detto solo la verità (uno dei temi del discorso di Bolognesi era il mancato riconoscimento della matrice fascista della strage di Bologna, ndr), semmai l'incolumità era la mia, non la sua. Lei è a capo del governo, mentre io sono solo il presidente dell'Associazione familiari delle vittime della strage. Chi è l'indifeso, io o lei?».—
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