sabato 19 luglio 2025

Ecco!


L'anno prima, a una serata, aveva ascoltato un'opera musicale eseguita su pianoforte e violino. Da principio aveva gustato solo la qualità materiale dei suoni emessi dagli strumenti. Ed era stato già un gran piacere quando sotto la piccola linea del violino, esile, resistente, densa e conduttrice, aveva visto d'un tratto tentare di sollevarsi in uno sciabordìo liquido la massa della parte del pianoforte, multiforme, indivisa, piana e internamente contrastata, come l'agitazione violacea dei flutti incantanti e flautati dal lume di luna. Ma a un certo punto, senza poter distinguere nettamente un contorno né dare un nome a ciò che gli piaceva, affascinato a un tratto, aveva cercato di cogliere la frase o l'armonia, — non sapeva lui stesso, — che passava aprendogli l'anima più largamente, come certi odori di rose vaganti nell'aria umida della sera hanno la proprietà di dilatarci le narici. Forse è perché non s'intendeva di musica che aveva potuto provare un'impressione così confusa, una di quelle impressioni che sono forse le sole puramente musicali, senza estensione, originali del tutto, irriducibili a ogni altro ordine d'impressioni. Un'impressione di questo genere, che dura un attimo, è per così dire sine materia. Senza dubbio le note che stiamo ascoltando tendono fin da allora, secondo la loro altezza e quantità, a coprire davanti ai nostri occhi superfici di varie dimensioni, tracciare arabeschi, darci sensazioni di vastità, di tenuità, di stabilità, di capriccio. Ma le note sono svanite prima che tali sensazioni siano abbastanza formate dentro di noi per non essere sommerse da quelle che già risvegliano le note successive, o anche le simultanee. E questa impressione continuerebbe ad avvolgere nella sua liquidità e nel suo «sfumato» i motivi che emergono a tratti, appena discernibili, per subito riaffondare e sparire, conosciuti solo al piacere particolare che danno, impossibili a descriversi, a ricordarli, a nominarli, ineffabili, — se la memoria, come un operaio che lavora a costruire fondamenta durevoli in mezzo alle onde, fabbricando per noi facsimili di quelle frasi (sfuggenti) non ci permettesse di confrontarle con le successive, e differenziarle. Così, non appena si era dissolta la sensazione deliziosa avvertita da Swann, la memoria gliene aveva fornito seduta stante una trascrizione, sia pure sommaria e provvisoria, che lui aveva potuto tenere d'occhio mentre il pezzo continuava, così che, quando la stessa impressione era tornata all'improvviso, non era già più inafferrabile. Lui se ne rappresentava l'estensione, i raggruppamenti simmetrici, la grafia, il valore espressivo; aveva davanti a sé questa cosa che non è più musica pura, è disegno, architettura, pensiero, e permette di ricordare la musica. Questa volta aveva distinto nettamente una frase che si alzava per qualche istante sopra le onde sonore. Subito essa gli aveva proposto voluttà particolari, mai immaginate prima di ascoltarla, e che nient'altro, lo sentiva, avrebbe potuto fargli sentire; e aveva provato per lei come un amore sconosciuto. Con ritmo lento lo guidava prima qua, poi là, poi altrove, verso una felicità nobile, inintelligibile e precisa. E d'un tratto, al punto dove era arrivata, e di dove lui si preparava a seguirla, dopo una pausa d'un attimo cambiava bruscamente direzione, e con un movimento nuovo, più rapido, minuto, malinconico, incessante e dolce, lo trascinava con sé verso prospettive sconosciute. Poi scomparve. Appassionatamente desiderò di rivederla una terza volta. E ricomparve infatti, ma senza parlargli più chiaro, anzi causandogli una voluttà meno profonda. Ma ritornato a casa ebbe bisogno di lei, era come un uomo nella cui vita una passante appena intravista ha fatto entrare l'immagine di una bellezza nuova che conferisce alla sua propria sensibilità un valore più grande, senza sapere nemmeno se potrà mai rivedere colei che già ama e di cui ignora anche il nome. 

(Un amore di Swann - Alla ricerca del tempo perduto - Marcel Proust)

Nessun commento:

Posta un commento