martedì 22 luglio 2025

Allegro ma non troppo!

 

Scemi di pace
DI MARCO TRAVAGLIO
Evviva, evviva! L’Impero del Bene democratico e liberale che difende con le unghie e coi denti i valori del pluralismo e la cultura del dissenso contro il pensiero unico delle autocrazie, ha sgominato il pericoloso direttore d’orchestra russo Valery Gergiev annullando il suo concerto alla Reggia di Caserta dove, armato nientemeno che di bacchetta, minacciava di lavare il cervello all’ignaro pubblico con opere di chiara propaganda putiniana come l’ouverture de La forza del destino di Verdi, il Bolero di Ravel e la Sinfonia n.5 in Mi minore di ČCajkovskij (altro celebre agente della guerra ibrida del Cremlino, morto non a caso 59 anni prima che nascesse Putin). L’abbiamo scampata bella: infatti esultano in stereo l’ambasciata ucraina, il ministro Giuli, il Pd, Azione, Iv e la nota musicologa Pina Picierno, che potrà dedicarsi ai suoi incontri istituzionali con quei galantuomini dei capi dell’Israel Defense and Security Forum, la simpatica congrega di fanatici che teorizza la colonizzazione illegale della Cisgiordania e recluta mercenari per le guerre criminali di Israele. A Caserta è invece confermato (e giustamente) il concerto diretto dall’israeliano Daniel Oren, che non dice una parola contro gli stermini di Netanyahu, ma a cui nessuno (e giustamente) si sogna di attribuirli, né di pretendere che si dissoci dal governo del suo Paese (anche se rischierebbe molto meno di un russo che attaccasse Putin). Insomma, tutto è bene quel che finisce bene. Ora che abbiamo prima invitato e poi cacciato il più famoso direttore d’orchestra del mondo a causa delle sue idee, come ogni autocrazia che si rispetti, ci sentiamo tutti più buoni. Per giunta a rischio zero (salvo penali da pagare). Così Putin impara: la notizia sta già elettrizzando le truppe ucraine, che ora sconfiggeranno su due piedi la prima potenza nucleare del mondo.
Purtroppo, a guastare il clima di perfetta letizia, giunge una ferale notizia: la rossa Bologna ha invitato il pianista Alexander Romanovsky a suonare Chopin. Un altro russo, cioè putiniano? No, stavolta è un ucraino. Ma sarebbe “filo-russo” (come peraltro un terzo degli ucraini, che sono russi o russofoni, incluso Zelensky, nato nella regione di Dnipropetrovsk come lui) perché si esibì davanti al teatro di Mariupol bombardato dai russi. Quindi, su richiesta di Azione e del famoso “liberaldemocratico” Marattin, il Pd ha deciso che non deve suonare più, anche se vive in Italia da quando aveva 13 anni, è nostro concittadino e insegna nei nostri conservatori. Sennò, dice Marattin, “si avalla il fascismo di Putin”, che viene dal Kgb dell’Urss comunista, ma è un fascista ad honorem (da non confondere coi nazisti buoni dell’Azov). È la via omeopatica all’antiputinismo: lo combattiamo imitandolo.

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