Colpi di sole
DI MARCO TRAVAGLIO
Sarà il caldo, ma le fesserie che si sentono e si leggono meritano un premio per la Cazzata del Giorno. Due candidati, uno comico e l’altro serio.
Il ministro Urso accompagna con la scorta all’aeroporto la moglie e il figlio, che saltano la fila. Qualcuno mugugna, Luca Zingaretti denuncia sui social, il ministro dice che ha deciso la scorta per certe minacce alla moglie. E, anziché fermarsi lì, aggiunge un tocco di insaputismo scajoliano: “Ero accanto a mia moglie, ma ho trascorso tutto il tempo al telefono per preparare un incontro sull’Ilva e non mi sono accorto di nulla”. Ecco, Urso non è multitasking: quando telefona, non riesce a fare altre cose e perde pure la vista. Come Fassino che, vittima del perfido telefonino, si ritrovò pure lui in aeroporto e non s’avvide che la sua mano arpionava dallo scaffale del duty free un profumo Chanel e lo infilava nella sua tasca senza pagarlo. Cose che càpitano ai politici monotasking.
Adriano Sofri e il vasto harem amichettista di lottatori continui&affini la menano da giorni contro Violante che non vuole rivelare chi, dopo il suo arresto nel 1988 per l’omicidio Calabresi del 1972, lo convinse che era colpevole con l’impegno a non svelare la sua identità. Ma poi Sofri&C. furono processati in base non a un anonimo, ma a un esecutore materiale del delitto, Marino, che confessò di aver rubato e guidato l’auto del killer Bompressi su mandato di Pietrostefani e Sofri. E i tre vennero condannati in via definitiva dopo 7 gradi di giudizio più 2 di revisione, davanti a ben 69 magistrati e 30 giurati. Già è bizzarro che un pregiudicato per omicidio chieda a un estraneo di rivelargli chi è l’anonimo che lo crede colpevole. Ma, se è così curioso, gli basta dare una ripassatina alle 7 sentenze su 9 a lui sfavorevoli: prove e testimoni con nomi e cognomi. Se poi gli restasse tempo, a proposito di segreti e trasparenza, potrebbe completare un suo strano racconto del 2007 sul Foglio: quello della visita a domicilio che gli fece Federico Umberto D’Amato (capo degli Affari Riservati del Viminale, depistatore di Piazza Fontana, piduista e mandante della strage di Bologna), nel 1975-76, per proporgli “un mazzetto di omicidi con mutua collaborazione e sicurezza dell’impunità”. Perché mai, se Sofri era estraneo al delitto Calabresi, uno così informato chiese proprio a lui di commetterne altri senza timore di essere denunciato o registrato? Perché Sofri non lo svelò subito dimostrando la criminosità dello Stato che diceva di combattere, ma attese 31 anni (e la morte di D’Amato)? Glielo domandò l’ex Lc Erri De Luca: “Mi sorprende che tiri fuori una notizia del genere solo ora e senza circostanziarla. Spero di conoscere i dettagli in una seconda puntata”. La stiamo ancora aspettando.
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