mercoledì 23 luglio 2025

Confermo faccia come ...

 

La faccia come il Sala
DI MARCO TRAVAGLIO
Se rinasco, voglio fare il membro della Commissione Paesaggio di Milano: quella scelta da Sala, il sindaco dalle mani pulite, per approvare grattacieli travestiti da capannoni o bocciarli se sono di uno fuori dal giro. Funziona così: al bando del Comune partecipano 50 architetti, ingegneri, geometri, gente del mestiere. Il sindaco dice: sono tutti bravi, quindi gli 11 fortunati li scelgo io. “Io” si fa per dire, perché se li fa indicare un po’ dai partiti, un po’ dall’Ordine degli Architetti, di cui è segretario l’ex vicepresidente Oggioni, che quando scade si sceglie il successore col presidente dell’Ordine per tener fuori i rompiscatole: tipo l’architetta fissata col “paesaggio nannané nannanà” e l’urbanista che denunciò i magheggi di Boeri sulla Biblioteca europea e “sta stracciando l’anima”: “di passare alle discussioni con ’sti due qua non ci ho proprio voglia”. L’hanno arrestato a marzo. Gli altri posti se li spartiscono i partiti, senza sottilizzare fra maggioranza e opposizione: lo racconta Marco Cerri, che fu raccomandato al sindaco di centrosinistra da FI al posto di un forzista morto (la carica ovviamente è ereditaria).
La Commissione, con i suoi pareri non vincolanti per legge, ha poteri di vita e di morte su tutti i progetti. E pure sulle norme urbanistiche. Voi direte: sarà almeno vietato l’ingresso a chi lavora per i palazzinari. Ingenui: fino ai primi arresti di marzo, il sindaco dalle mani pulite aveva preteso che solo la metà più uno dei commissari non avesse incarichi di libera professione a Milano; gli altri – la metà meno uno – potevano serenamente ricevere incarichi e soldi dai costruttori che dovevano controllare. La famosa modica quantità di conflitti d’interessi per uso personale. Che poi li avevano quasi tutti: bastava non dichiararli. L’ex presidente Marinoni li collezionava, anche su pressione dell’assessore Tancredi. Infatti si vantava del suo “Prg ombra” e attendeva con ansia il decreto Salva-Milano. “Sennò salta tutto”, conveniva un manager “controllato”. Il mio idolo è l’architetto Alessandro Scandurra, altro arbitro-giocatore della Commissione: mentre giudicava mega-progetti urbanistici incassava 3,3 milioni per consulenze dai costruttori interessati, senza dichiararle né astenersi. Una volta bocciò il grattacielo di un concorrente, poi cambiò casacca, diventò il progettista e la commissione approvò entusiasta, consentendogli persino il beau geste di astenersi. Intervistato dalla Stampa, s’è detto “tranquillo”, malgrado la “gogna mediatica”, perché “ho sempre agito nella massima trasparenza”. Come Sala, che non parla dei conflitti d’interessi perché non li vede. Ecco, nella prossima vita voglio essere come loro. Possibilmente senza il trapianto del lato B sul lato A.

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