Superiorità morale
DI MICHELE SERRA
Quando perdiamo un’elezione accettiamo il risultato, ha detto Kamala Harris. Bisogna voler bene al proprio Paese anche quando si perde, ha detto Joe Biden. Impossibile non confrontare i modi e le parole della sconfitta dem con i modi e le parole della sconfitta di Trump, quattro anni fa.
Potete pensare che avere stile sia una magra consolazione. Ma potete pensare, anche, che lo stile è lo specchio dell’anima, e l’anima dei democratici è democratica, e dunque afferra il senso della differenza, e la rispetta. L’anima del trumpismo no, non è democratica, e dunque odia la differenza e cerca di cancellarla.
È molto importante, di qui in poi, che i dem (nel mondo: non solo in America) provino l’orgoglio di esserlo. La loro apparente debolezza (riconoscere la differenza, e di conseguenza riconoscere di essere una parte, non il tutto) è una grande forza. È un valore aggiunto, e sì, un elemento di superiorità morale. Non bisogna avere paura di dirlo, così come l’educato non deve temere di mettere in soggezione il maleducato, il gentile di mettere in difficoltà l’arrogante.
La differenza tra chi non ammette la sconfitta, la considera un affronto insensato, e chi la mette nel conto, è enorme. Non è solamente una differenza politica, è una differenza umana. Può darsi che farla rilevare (non in quanto “ci piacerebbe che fosse”, ma in quanto è per davvero) dia fastidio ai prepotenti.
Pazienza. Non è di buon esempio, per i mediocri, nascondere i propri meriti per non contrariarli.
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