Il Concordato, la solita truffa all’Italia onesta
DI DANIELA RANIERI
Ormai sfogliamo la Gazzetta Ufficiale come fosse un numero di Topolino con le ultime malefatte della Banda Bassotti. Il decreto legge appena firmato dal presidente Mattarella (chissà se riottoso o neutro o concorde) in merito alle “Misure urgenti per la riapertura dei termini di adesione al concordato preventivo biennale” stabilisce che chi, non avendo minimamente intenzione di pagare le tasse, non avesse aderito in tempo al concordato preventivo entro il termine improrogabile del 31 ottobre, può tranquillamente farlo entro il 12 dicembre.
Siccome ormai si dà per scontato che la metà degli italiani evade le tasse, bisogna lavorare di fino: si offre ai (non) contribuenti, autonomi e imprese, la possibilità di pagare un forfait, a scommessa su quanto guadagneranno il prossimo anno; fa nulla se aderiranno solo quelli che già sanno di dover pagare di più, se pagassero (così lo Stato ci perde e loro ci guadagnano). Il governo, nelle persone del “presidente del Consiglio dei ministri, del ministro dell’Economia e delle finanze e del ministro per la Protezione civile e le politiche del mare” (forse tra i pescatori di cozze vige un’evasione bulgara) ci sta dicendo che chi non ha intenzione di cacciare un euro e non si è riuscito a convincere nemmeno facendogli pagare un obolo simbolico sui redditi presunti (la prima tranche è stata un fiasco: ha aderito l’11% della platea potenziale e si è incassato metà del previsto) non va sanzionato, ma coccolato, perché è un povero cristo vessato dal fisco. È o non è, questo, il governo delle sanatorie, dei condoni, dei buffetti a evasori, malversatori, bancarottieri, riciclatori, contrabbandieri e spalloni? Invece, i partecipanti ai rave sono criminali, gli immigrati delinquenti e i magistrati psicopatici fino a prova contraria (il test Minnesota del cosiddetto ministro Nordio). Tanto quelle entrate sono date per perse (“inesigibili”): ben venga se lo Stato riesce a racimolare qualche spicciolo (1,3 miliardi di euro sui 2,5 previsti e sugli 82 miliardi di evasione totale: un trionfo).
In pratica lo Stato è diventato un’agenzia di riscossione crediti, un salto di qualità rispetto allo Stato-picciotto che chiede il pizzo al povero commerciante col ricatto di fargli saltare in aria il negozio, come lo presentò Meloni in un comizio elettorale in Sicilia. Chissà quanti voti ha guadagnato, dopo aver assimilato lo Stato alla mafia nella terra martoriata da questa piaga. Promise che invece avrebbe stanato la grande evasione delle big company e delle banche, i cui manager stanno ancora ridendo da che il governo si è rimangiato le imposte sui maxi-profitti, ritirate con tante scuse perché sgradite ai fratelli Berlusconi, proprietari di banche e di altra roba privata passibile di prelievi ai fini collettivi (come si sa, un tabù di famiglia). “Ritenuta, altresì, la straordinaria necessità e urgenza di rendere disponibili ulteriori risorse per la gestione delle emergenze…”, dice il decreto, quasi a giustificarsi. Il Paese del G7, della Ue, della Nato, che foraggia diligentemente guerre genocidarie, infanticide e auto-lesioniste, si è accorto che mancano i soldi e prova a elemosinarli (con permesso) da chi è sconosciuto al fisco. Il governo ci spiega: “Il concordato punta ad aiutare le partite Iva di minori dimensioni a rispettare i propri obblighi fiscali”, che avevamo capito? E ai dipendenti pubblici e privati, le cui tasse sono trattenute alla fonte, chi li aiuta?
La misura serve piuttosto a fingere di rispettare le regole europee su conti pubblici, deficit e debito; è ovvio che, non riuscendo a recuperare le perdite derivanti dall’evasione, si dovranno tagliare, per ammissione del ministro Giorgetti, spese su aree politicamente rilevanti (Sanità, scuole, pensioni, sostegni ai poveri). Questo concordato preventivo, che si chiama così anche se lo Stato ha concordato da solo e l’evasore medio se ne infischia, è chiaramente incostituzionale, oltre che una truffa ai danni degli onesti: col cavolo che “tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva” e “il sistema tributario è informato a criteri di progressività” (vedi la flat tax). Gli evasori incalliti preferiscono il brivido del rischio di subire un controllo dall’Agenzia delle presunte Entrate che pagare il dovuto e aspettano la prossima rottamazione totale salviniana. Chi sono costoro? Secondo l’Istat, imprenditori, ristoratori, macellai, parrucchieri, meccanici, estetisti, a cui aggiungiamo medici, notai, avvocati, peraltro ampiamente rappresentati in Parlamento (alcuni siedono proprio in Parlamento). Intanto questi che sono tecnicamente ladri continuano a usufruire di servizi collettivi come scuole, strade, ospedali, lamentandosi pure se i Pronto soccorso non funzionano. Tanto paghiamo noi per loro. Sono pur sempre metà degli italiani; fortuna del governo che non coincidano con la metà che non va a votare.
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