L’autorevolezza della chiacchiera
DI MICHELE SERRA
Una oscura esponente romagnola di Fratelli d’Italia ha scritto un breve post nel quale deride la gonna indossata dalla presidente uscente della Regione, Irene Priolo. Detto che la gonna in questione (tulle chiaro) a me sembra bellissima,valeva la pena di fare di una frasetta estemporanea un piccolo caso politico, tirando in ballo il sessismo, gli stereotipi sulle donne, il rispetto delle istituzioni, lo sdegno e la riprovazione? Possibile che un post scioccherello, invece di scomparire tra milioni di suoi simili, sollevi addirittura un dibattito, con intervento dei partiti e rimbalzo immediato nei siti dei giornali nazionali?
Più in generale: la costante promozione a “caso”, sui media, della ciancia social, è oramai irreversibile o si può fare ancora qualcosa per evitare che ogni scortesia o fesseria o grossolanità, di destra e di sinistra, diventi immeritatamente un titolo di giornale? Sono cose che abbassano la media; che rendono più improbabile che la parola politica riacquisti gravità e importanza; che, infine, premiano la rissosità e la mediocrità rendendole visibili anche al di fuori della platea (davvero molto ridotta, nel caso della sorella d’Italia in questione) dei followers.
Dobbiamo diventare, tutti quanti, followers involontari di persone delle quali, normalmente, nemmeno sapremmo l’esistenza? Perché non riadottare la vecchia tecnica, ipocrita ma efficace, di fare finta di non avere sentito, stabilendo che non vale la pena perdere tempo con le quisquilie?
Aiuterebbe a ricondurre i social nel loro ambito naturale, che è l’estensione innaturale di un’attività privata: chiacchierare. E a restituire ai media la famosa autorevolezza.
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