martedì 22 ottobre 2024

Però!


Il caso
Dai bond ai doppi incarichi tutti i trucchi dei boiardi per evitare la sforbiciata
Emissioni di obbligazioni, norme e deroghe ad hoc Sono solo alcuni dei modi per poter superare il tetto ai compensi

DI GIUSEPPE COLOMBO E ANTONIO FRASCHILLA

ROMA — Il tetto agli stipendi dei manager delle società vale per molti, ma non per tutti. Se il ministero dell’Economia guidato da Giancarlo Giorgetti studia un’ulteriore stretta, salverà comunque quelle che già adesso grazie a escamotage consentiti dalla vecchia norma, strane eccezioni ed esenzioni ad hoc hanno mantenuto compensi per i loro manager di molto superiori ai 240 mila euro.
Un caso singolare è quello dell’Automobile Club d’Italia: il presidente Angelo Sticchi Damiani, fresco di riconferma, è finito a processo con l’accusa di falso per i compensi record. Nel 2019 avrebbe dichiarato 246 mila euro, ma in realtà secondo il pm avrebbe guadagnato, solo dall’Aci, circa 365 mila euro. La difesa contesta l’impostazione della procura e sottolinea che già il Gip aveva archiviato contestazioni uguali. Le indiscrezioni dell’ultima ora dal Mef dicono che Aci non sfuggirà comunque alla scure del ministro che vuole evitare il cumulo di compensi tra controllate dello stesso ente.
Ma tanti altri potranno tirare un sospiro di sollievo. Manager di aziende non quotate in Borsa, ma che restano per un filo appesi alla legge del 2014 che ha fatto salve alcune eccezioni. La norma prevedeva, e prevederà ancora, che basta emettere un bond e anche le aziende non quotate possono aggirare il tetto. Spesso facendo corrispondere a una sola figura il doppio ruolodi amministratore delegato e direttore generale. Accade così che in Sace, subito dopo il varo della norma taglia stipendi venga emesso un bond quotato alla Borsa di Lussemburgo: l’emissione aveva un valore di 500 milioni di euro. Ma tant’è, la società che per statuto offre garanzie e sostegno alle aziende italiane da allora ha consentito ai suoi manager di poter soprassedere al rispetto del tetto per gli alti burocrati di Stato. Oggi l’amministratricedelegata e direttore generale, Alessandra Ricci, ha un compenso che si aggira intorno ai 620 mila euro.
Stesso identico discorso per l’Anas, azienda pubblica non quotata in Borsa ma che nel 2016, poco dopo Sace, ha emesso una obbligazione da 830 milioni con scadenza 31 dicembre 2030 per coprire le spese del passante di Mestre. Oggi l’amministratore delegato e direttore generale Aldo Isi percepisce un compenso annuo di oltre 500 mila euro. A partire dal 2015 Ferrovie dello Stato ha emesso sei diversi bond per un valore di 1,6 miliardi di euro. Dalla relazione dell’ultimo bilancio risulta che l’amministratore delegato ha un compenso di 770 mila euro. Qualche mese fa è stato nominato il nuovo ad Stefano Donnarumma, che nel suo contratto potrebbe avere delle modifiche sui compensi.
Ci sono poi eccezioni che il governo Meloni ha consentito solo ad alcune società pubbliche: come quella per la Stretto di Messina, la spa fatta rivivere per volere soprattutto del vicepremier Matteo Salvini. In questo caso l’aumento è stato previsto proprio per salvare alcuni alti dirigenti in distacco da Anas e Ferrovie nella nuova spa: ad esempio ci sono dirigenti che arrivano a guadagnare anche 338 mila euro e altri che superano comunque il tetto di 240 mila euro.
In questo caso la società Stretto di Messina, non essendo quotata in Borsa né avendo emesso bond, dovrebbe sottostare al tetto, ma i paletti sono stati eliminati. Come? Con una norma ad hoc inserita nel decreto Investimenti varato lo scorso agosto dal governo. «Ma la norma non riguarda il cda», ha precisato l’amministratore delegato Pietro Ciucci, che ha un compenso di 240 mila euro. Lui, no. E neppure quelli che siedono al tavolo nella stanza dei bottoni. Ma gli altri sì. Un escamotage, alla fine, si trova sempre.

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