L’album Panini della politica
DI MICHELE SERRA
Anche se dovremmo esserci abituati, era veramente penoso, nel Tg1 delle 13,30 di ieri, sentire i quattro partiti al governo, una frasetta a testa compreso il partitucolo di Lupi, dire “in questi due anni siamo stati bravissimi”. E i tre partiti di opposizione rispondere “in questi due anni siete stati disastrosi”. È il metodo-Panini con il quale nei tigì Rai, quasi di regola, si fa informazione politica. I partiti ridotti a figurine parlanti, la televisione pubblica ridotta ad albo per la raccolta delle figurine.
Vero è che questo balletto minimo, coi tempi che corrono, consente di mettere qualche argine alla faziosità sbracata della Rai sotto Meloni: appena escono dal minutaggio lottizzato, consegnano le telecamere al governo e vanno al bar a bere il cappuccino.
Ma la domanda rimane, ed è imbarazzante: e il giornalismo? Che tasso di giornalismo, che percentuale di “notizia” c’è in una ridicola sequenza di frasi fatte, prevedibili, inespressive, decotte già quando escono di bocca? Anche la più scalcagnata delle testate, come può sbrigare la pratica “due anni di governo Meloni” affidandola alla stucchevole litania dei portavoce di partito? Ci saranno pure dei numeri, dei dati, dei bilanci da approfondire, ci sarà pure qualcosa di interessante da ascoltare che non sia la vanteria puerile con la quale ogni singolo spicchio di Montecitorio pianta la sua bandierina. O dobbiamo rassegnarci a considerare la Rai una cassetta della posta dove la politica deposita i suoi comunicati?
E i partiti: che opinione hanno di se stessi, se accettano di far figurare il loro lavoro come una petulante successione di frasette elementari? Ce ne fosse uno che si presenta alle telecamere vestito da Pierrot, o a cavallo, almeno ci accorgeremmo che esiste. Ma così?
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