Un armatore che non fa i conti
DI MICHELE SERRA
Al netto delle polemiche, e anche delle opinioni, il bastimento carico carico di sedici migranti dirottati in Albania è un evidente, oggettivo non senso: economico, logistico, politico e perfino marinaro — un bravo armatore non muove una nave se il viaggio gli costa assai più del carico.
Si capisce che accogliere e smistare esseri umani non è cosa semplice; che la questione delle migrazioni è la prima e anche la più impegnativa delle urgenze politiche che incombono; che nessuno ha ancora brevettato la Macchina Virtuosa capace di minimizzare gli impatti negativi (che ci sono) e valorizzare gli enormi, evidenti vantaggi di questi arrivi, che sono pura energia, pura rivitalizzazione del nostro vecchio mondo.
Ma santo cielo, questa stravaganza dell’Albania come dependance d’oltremare, era proprio necessaria? Non ho letto una sola riga, dico una sola riga, capace di spiegare per bene perché mai sarebbe una scelta efficace, funzionale, opportuna. Al di là dell’affabile rapporto tra Rama e Meloni, il gigante e la biondina, coppia molto coreografica e degna della massima simpatia, lui il doppio di lei; al di là delle belle parole di amicizia, della propaganda e della retorica, quali sono i vantaggi concreti di questa mezza deportazione? Che cosa cambia, di fatto, nella qualità dell’accoglienza, nonché nella sacra Difesa della Patria?
A vantaggio del governo, basta qualche idiota che telefona alle trasmissioni radiofoniche più a misura di idiota, gridando “fuori dalle balle i migranti, mandiamoli tutti in Albania”?
Appagati gli idioti e i loro istinti terra-terra, non bisognerebbe dire due parole intelligenti, civili, comprensibili, anche a noi cittadini?
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