domenica 5 febbraio 2023

L'Amaca

 

Se l’oceano avesse i soldi
DI MICHELE SERRA
Com’è squallida e angosciante la storia della portaerei brasiliana (ex francese) Sao Paulo, fatta affondare nell’Atlantico con le sue centinaia di tonnellate di materiali tossici perché costava troppo bonificarla. Come le lavatrici e i copertoni buttati nei porti e nei canali perché costa troppo (troppa fatica) portarli in discarica, però in scala centomila volte maggiore. E con la differenza che qui non è il cittadino ignorante o incosciente, è un governo (quello di Bolsonaro, ma la decisione non è poi stata impugnata da Lula, come spiega nel suo reportage Daniele Mastrogiacomo) a decidere che il mare è la nostra discarica.
Le associazioni ambientaliste — Greenpeace in prima linea — hanno cercato inutilmente di opporsi, pedinando per mesi la nave moritura lungo le sue peregrinazioni.
Ma gli ambientalisti, anche quando hanno ragione, cioè spesso, non hanno i soldi, quantomeno non quanti ne servirebbero perché tutte le loro ragioni messe insieme, anche quelle più nobili, anche quelle più razionali, non venissero spazzate via come parole al vento. Contano i soldi: tutto il resto viene dopo, la salute delle acque allo stesso modo della salute degli umani, la ragione scientifica che acquista peso e urgenza solo quando dice cose economicamente convenienti. Altrimenti — vedi l’allarme climatico — è solo un’ipotesi da verificare con tutta calma.
Se gli oceani, le foreste, le montagne, i ghiacci, l’aria che respiriamo e le moltitudini animali avessero una carta di credito, allora sì che potrebbero difendersi.

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