giovedì 10 marzo 2022

L'Amaca

 

Così parlò il patriarca
di Michele Serra
Merita di entrare nella storia il discorso che il patriarca Kirill, capo di una delle svariate chiese ortodosse (quella russa), ha fatto in occasione della Domenica del Perdono. Alla faccia del perdono, le parole di Kirill accompagnano il suono dei cingoli dei carri armati come un salmo di guerra.
Non è il primo prete che benedice una guerra, ma lo ha fatto con una lucidità ideologica formidabile. I russi separatisti in Ucraina, ha detto, si ribellano al peccato. Non vogliono organizzare il Gay Pride, che è il test di ammissione per sottomettersi al “potere mondiale”. Non sorridete: Cirillo va alla sostanza delle cose. È un patriarca, lo dice la parola stessa, incarna il patriarcato. Lui è la Tradizione, con tutta la sua grandiosa suggestione. Muove guerra all’Occidente, insieme a Putin, perché ci considera corrotti, decadenti, debosciati.
Guardate, di questo si tratta, questo è lo scontro. Se non avessimo perduto gli ultimi trent’anni a parlare solamente delle variazioni dello 0,2 per cento del Pil, avremmo potuto accorgercene prima. Lo scontro è tra una libertà profonda, vera, rischiosa, e la Reazione, che non è uno scherzo, non è un dettaglio. La Reazione ha l’atomica, tanto per intenderci.
Dunque, Kirill ci pone una domanda molto seria: siamo disposti a combattere e a morire, noi debosciati occidentali, perché ogni persona sia padrona della propria vita, a costo di dare scandalo? Ponetevi, ma sul serio, la domanda. Non sono mai stato a un Gay Pride, ma quando vedo e sento quelli come Kirill sogno che un esercito al comando di Eurialo e Niso deponga il patriarca, e inalberi su Mosca la bandiera arcobaleno.

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