venerdì 4 marzo 2022

Grande Amaca

 

La decapitazione e il cerotto
di Michele Serra
Ridicolo, ma nel suo piccolo anche gravissimo, l’episodio dell’Università Bicocca (un corso su Dostoevskij giudicato sconveniente e cancellato perché, sapete, si tratta di un russo) ha radici lunghe. Non lo si può capire a fondo senon lo si inquadra nel più recente vizio occidentale, e in specie americano: pretendere che l’immagine delmondo sia priva di asperità, contraddizione, dolore.
Tutto deve essere innocuo, “corretto” e sterilizzato, la politica, la cultura, le statue, i libri di storia, l’arte, perché nessuno si senta mai più offeso. Come se fosse possibile cancellare dalla vicenda umana, e dalla Storia, lo scandalo del dolore, della sopraffazione, del classismo, dello schiavismo, del sessismo, della discriminazione, della guerra, mettendoci sopra una pecetta censoria. È come voler rimediare a una decapitazione con un cerotto: pensiero magico, debolezza puerile (si dice anche: rimbambimento) ma anche decadenza di ogni vigore intellettuale.
È la cancel culture , signori, e ha invaso le nostre vite ben prima dei carrarmati di Putin.
Fa bene Guia Soncini a denunciare, su Linkiesta , “la presa del potere della viltà intellettuale. Evitare polemiche sembra ormai lo scopo ultimo delle università di tutto il mondo”. Dobbiamo chiederci se esiste un rapporto tra una cultura “alta” che diventa così perbenista, sempre “dalla parte giusta”, come se la democrazia fosse una cosetta da educande; e una cultura “bassa”, quella dei social, che al contrario è così spesso violenta, sommaria, non dialettica. Sì, questo rapporto esiste. Se la politica, la cultura, la scuola hanno il terrore della contraddizione, al punto da considerare fonte di possibili incidenti un corso di letteratura russa, il risultato è che il campo del dibattito è abbandonato alle urla dei passanti. Si chiama diserzione. Intellettuali risalite a bordo, cazzo.

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