giovedì 24 marzo 2022

Maccartismo

 

Maccartisti da talk contro la strega pace
L’Inquisizione del pensiero unico Nato. Gogna. Accuse feroci di putinismo a chi non vuole moltiplicare le armi: è come il clima di intimidazione negli Usa anni 50 Contratto a Orsini, Berlinguer linciata
DI SALVATORE CANNAVÒ
Da quando Donatella Di Cesare ha utilizzato il termine “nuovo maccartismo” per denunciare il clima di intimidazione che si respira contro chi sta sostenendo idee in controtendenza sulla guerra della Russia all’Ucraina, nel circolo ristretto, ma influente, del dibattito mediatico è tutto un darsi di gomito a suon di sghignazzate sulla stupidità della denuncia stessa.
Tutti nei talk. Si prenda questo pezzo del Foglio, a opera di una delle firme più “contundenti”: “Da quando c’è la guerra – scrive Maurizio Crippa – è pieno in giro di persone che più si sentono censurate e minacciate dal nuovo maccartismo e più sono in televisione a parlare. Così ad esempio anche la prof. Di Cesare, che sui social denuncia ‘insulti’, ‘odio’, ‘livore’ e ‘disprezzo’, ma non pare che qualcuno le impedisca di comparsare nei talk”. Come è buono lei, verrebbe da dire. E questa abile constatazione dà poi la stura a una serie di indignate osservazioni, sulla stampa o sui social, ché questi sono ormai i luoghi del dibattito pubblico, su quanto stanno guadagnando questi professori à la carte, spuntati dal nulla a impartire lezioni di geopolitica.
Si prenda ancora il Foglio che ieri ha messo in croce il professor Alessandro Orsini , “diventato famoso per le sue posizioni per così dire non ostili al regime russo di Vladimir Putin” per il contratto siglato con la Rai che sembra prevedere un compenso per le sue ospitate di 2 mila euro a puntata. La trasmissione è Cartabianca di Bianca Berlinguer (vero obiettivo dell’attacco) che deve ricordare non solo che esiste “un mercato degli opinionisti” ma anche che “l’alternativa a questo sarebbe un dibattito univoco, omologato e conformista che non porterebbe alcun contributo a una vera discussione pubblica. Com’è tra le finalità del servizio pubblico”. Incredibile che si debba precisarlo, ma il clima da “caccia alle streghe”, messo alla berlina con l’obiettivo di mimetizzarlo, in realtà viene esaltato dagli stessi autori. Donatella Di Cesare, infatti, non va in tv a esprimere un’opinione, ma “a comparsare”. Orsini non ha un punto di vista, giusto o sbagliato che sia, ma è semplicemente espressione di una “posizione non ostile al regime russo”, per così dire.
Agli autori di queste note sfugge che il maccartismo, che imperversò negli Stati Uniti nei primi anni 50, sull’onda delle denunce e poi delle vere e proprie inchieste promosse dal senatore Joseph McCarthy, puntava proprio ad accusare le prestazioni del libero pensiero, anche le più innocenti, tacciate di “slealtà” agli Stati Uniti perché provenienti dal Partito comunista e quindi dalla Russia.
Il New York Times, nel 1955, passata la febbre della “paura rossa” la definì “una specie di malattia durante la quale la paura di una tirannide straniera ci ha reso timorosi della libertà in Patria”.
Il punto torna di attualità, oggi dubitare della strategia occidentale, cogliere la “complessità” – termine deriso e tacciato di complicità con il nemico – è di nuovo bollato come posizione “divergente” e quindi tale da essere confinata ai margini. Figurarsi se può “comparsare in tv”.
Le liste di proscrizione. Talmente ai margini da meritare di essere espulsa. Non si parla certo, o forse non ancora, di espellere dall’amministrazione pubblica i “filo-putiniani” (anche se il professor Orsini ha dovuto subire una forte pressione da parte della università in cui insegna). Ma sono già scattate le liste di proscrizione. Il primo a redigerle – anche se poi si lamenta di esserne vittima – le ha compilate su Repubblica uno dei principali giornalisti mainstream, Gianni Riotta, che ha stilato un elenco di nomi, molti dei quali autorevoli e liberi pensanti, messi nel calderone della galassia “putiniana”. L’invito, velato, è di mettere al bando i dissonanti, pur senza arrivare alle affermazioni perentorie di Libero dove Pietro Senaldi consiglia ai pacifisti “ad andare a sfilare in Ucraina” (cosa che poi fanno anche, si ricordi Sarajevo).
L’effetto è la ridicolizzazione delle idee dissonanti che non ricevono alcuna sostanziata replica, al di là di un generico “ma come si fa a sostenere posizioni simili?”. Si legga il tono con cui sul Corriere della Sera Massimo Gramellini liquida lo storico Luciano Canfora, colpevole di aver sostenuto che l’invasione dell’Ucraina è “colpa soltanto dell’Ucraina” o la professoressa Di Cesare secondo la quale accusare Putin “sarebbe una semplificazione”: ascoltare queste affermazioni “significa che non può esserci dibattito” chiosa Gramellini. Meglio non farli parlare.
Fuori gli incompetenti. Il gioco diventa più sottile quando si sostiene che certe posizioni, scomode non sono ascoltabili semplicemente perché non competenti. Da giorni, su Twitter, la politologa Sofia Ventura e il collega Luca Telese polemizzano aspramente a proposito della presenza in tv dell’attivista Jasmine Cristallo ospitata nella trasmissione Otto e mezzo su La7 (con tanto di inviti al direttore della tv di intervenire). “Basta questa storia delle “opinioni diverse” scrive Ventura: ” Viene dato spazio ogni giorno a opinioni strampalate, prive di logica e fondamento empirico. E qualcuno più offre opinioni strampalate e infondate, più trova spazio. In una guerra vorremmo buona informazione, questa non lo è”. In realtà, replica Telese, “l’opinione di cui stiamo parlando, che cerchi di rimuovere con l’impersonale, era la voce di una pacifista. Meno male che gli inviti li fa Gruber”.
Su questo filo di pensiero, non con battute da social, ma con un lungo ragionamento su La Stampa, interviene anche una new entry del talk, Nathalie Tocci, esperta di politica internazionale e membro del Consiglio di amministrazione dell’Eni. La tesi è semplice: “In che modo le valutazioni di un teorico della fisica, di un filologo o di un sociologo del terrorismo aiutano a formare una posizione informata sulla guerra in Ucraina?”. Il riferimento è sempre a posizioni critiche come quella di Carlo Rovelli, di Luciano Canfora e Alessandro Orsini. “Il paradosso – continua Tocci – è quando nel nome della libertà di opinione, e quindi della democrazia, si dà spazio alla opinione slegata dalla competenza, aprendo – consciamente o inconsciamente – alla disinformazione e alla propaganda. E infliggendo un colpo letale alla democrazia stessa”. Dal che se ne deduce che la democrazia si difende escludendo i dissenzienti, perché incompetenti, così la propaganda la può fare una voce sola. Un bel vantaggio, a Putin piacerebbe.

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