L’amico dell’amico Putin
di Michele Serra
Una prece per il Salvini, mandato giustamente al diavolo da un sindaco polacco (di destra) che gli rinfaccia la maglietta di Putin. Ma perché mai, nella puntigliosa lista degli “amici di Putin”, compare così di rado il Berlusconi, che di quella schiera fu il capofila? E non era un intellettuale dalle idee sbilenche, non un eccentrico leaderino di piccola taglia. Era il capo del governo italiano, acclamatissimo dai suoi elettori e da un esercito di giornalisti di complemento.
A parte il folklore (l’isba, la pelle d’orso, l’entourage femminile e tutte le amenità da maschi alfa che si danno grandi pacche sulle spalle), quanto di quella allegra alleanza si è tradotto in business e in accordi commerciali? Quanto della dipendenza energetica dell’Italia dalla Russia deriva anche da quegli anni, da quei continui viaggi a Mosca? Tiriamo pure una riga sopra eventuali conflitti di interessi (è una battaglia persa per sempre, quella). Stiamo parlando di una responsabilità politica che oltrepassa di molto la zona d’ombra tra interessi privati e ruolo pubblico.
Ce lo ricordiamo il gesto “spiritoso” del mitra puntato contro una giornalista russa che aveva fatto a Putin una domanda ritenuta sconveniente? No, non ci ricordiamo più niente. Oggi l’amico numero uno dell’amico Putin se la passa da liberale inossidabile, da europeista accanito, da atlantista di lungo corso. I suoi voti residui servono a far sembrare meno misero il cocktail centrista, e tanto basta per condonargli tutto. Ma alle dieci famose domande senza risposta che questo giornale rivolse a Berlusconi, ne aggiungerei una undicesima: quanto è costata e costerà, al nostro Paese, l’amicizia politico-economica dei governi Berlusconi con l’amico Putin?
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