mercoledì 14 ottobre 2020

Nell'aria qualcosa si muove

 


Un gesto, una decisione sofferta, spalanca la porta all'agghiaccio di molti che speravano che gli scapestrati, come li definiscono lorgiornaloni, si fossero adeguati alla squallida moda dl riciclo, del riproporsi sotto mentite spoglie, del nascondersi dietro il paravento, tipico modo di operare del becero ruinismo, dell'"aspettiamo che la magistratura arrivi alla sentenza definitiva", del cercare l'appoggio dei pennivendoli per allontanare il sospetto di essere stato colto con le mani nella marmellata. 

Questo gesto di Chiara Appendino invece ingigantisce lo spartiacque tra chi crede nel servizio, nell'operare per la collettività e chi crede nel lavoro nella politica per l'eternità, vedasi ad esempio il suo predecessore, lo Stecco con poco Fassino attorno. 

Per chiarezza Travaglio nel suo editoriale di oggi, spiega oggi perché la sindaca di Torino è attualmente indagata. Travaglio commenta che a parer suo l'atto di non ricandidarsi dell'Appendino sia un "eccesso di coerenza" e spera che il Movimento respinga questa volontà e la ricandidi.  

Nel 2012 la giunta del Pd Piero Fassino contrae un debito con una società privata, la Ream, che versa al Comune una caparra di 5 milioni per avere il diritto di prelazione sull’area ex Westinghouse, interessata da un progetto di riqualificazione e rilancio con un mega-centro congressi. Nel 2013 il progetto viene aggiudicato a un’altra società e i 5 milioni vanno restituiti. Ma la giunta Fassino non paga. E, ai solleciti della Ream, risponde nel 2014 e nel 2015 che ridarà i soldi solo al termine delle procedure per l’aggiudicazione della concessione al vincitore della gara, bloccate dal ricorso al Tar di un concorrente escluso.

Nel 2016 arriva la Appendino e si ritrova pure quel debito. Siccome le casse sono vuote e si rischia il pre-dissesto, la nuova giunta 5Stelle apre una trattativa con Ream per rinviare la restituzione dei 5 milioni, che nell’attesa restano fuori bilancio, tantopiù che il centro congressi è sempre bloccato al Tar. Ma i capigruppo di opposizione, compresi i partiti di centrosinistra che non hanno mai restituito un centesimo, presentano un esposto in Procura contro la Appendino. Così la sindaca viene indagata per due abusi d’ufficio e due falsi (sui bilanci 2016 e 2017), insieme al capo di gabinetto Paolo Giordana e all’assessore al Bilancio Sergio Rolando. I tre rivendicano la scelta, viste le trattative in corso con Ream per rinviare il pagamento: tant’è che poi ottengono di restituire i soldi nel 2018 e infatti iscrivono il debito, d’intesa con Ream, nel bilancio 2018. E la Corte dei Conti dà loro ragione nella relazione al rendiconto 2016 e al bilancio di previsione 2017-’19, entrambi approvati come ineccepibili, smontando la tesi contraria dei revisori dei conti: la caparra poteva non essere registrata nei “debiti fuori bilancio”. Ma la Procura la pensa diversamente, arrivando a sostenere che, siccome Ream continuava a chiedere indietro i soldi, non c’era alcuna trattativa col Comune; e che, malgrado il centro congressi sia rimasto bloccato al Tar fino al mese scorso, l’aggiudicazione si era perfezionata già quattro anni prima, nell’autunno 2016. Dunque la caparra andava iscritta a bilancio e restituita nel 2016.

Alla fine il gup, con rito abbreviato, assolve gli imputati dai due abusi e dal falso del 2017, ma li condanna per il falso del 2016. In soldoni, la Appendino viene condannata per aver favorito il suo Comune iscrivendo un debito atipico nel bilancio sbagliato: quello del 2018 anziché quello del 2016. Si vedrà in Appello e in Cassazione se ha sbagliato lei o il Gup: se la sentenza sarà confermata, la sindaca avrà sbagliato una posta di bilancio; se sarà annullata, i pm e il gup avranno preso una cantonata. Ma, per la reputazione della Appendino e per il suo futuro politico e amministrativo, non cambierà nulla: nel peggiore dei casi, avrà commesso un errore, peraltro avallato dalla Corte dei Conti. E non nell’interesse proprio, ma della sua città. Non ha rubato, mafiato, truffato, sperperato, abusato del suo potere a fini personali. 

La Repubblica agnellina del Molinari di tutti loro, vrooom! vrooom!, rigira la frittata guardando positivamente la non ricandidatura quale apertura all'alleanza col PD, dimenticandosi naturalmente di evidenziare il nobile gesto di una persona perbene. 

Perché nelle lande politichesi il far qualcosa di sano, pulito ed integerrimo viene sminuito per la fobia collettiva che teme atrocemente il dover emulare atti non consoni al dogma casiniano che pretenderebbe la fine mai del privilegio di casta peer antonomasia: l'inamovibilità dal potere. 

Spererei anch'io in un suo ripensamento, nella ricandidatura. Per ora non posso che apprezzarne il gesto che da solo vale più di mille stati generali a parlare di fuffa, tipico ingrediente di tanti cazzari ancora in auge. Forse per poco. 

 

Nessun commento:

Posta un commento