Agnelli e coccodrilli. Dal fisco ai bilanci: John e Andrea patteggiano tra le lacrime
DI PAOLO ZILIANI
Delle due l’una: o contro la Famiglia Agnelli (Agnelli/Elkann) è in atto una congiura planetaria che si traduce in continue indagini in cui restano invischiati a mo’ di carta moschicida i rampolli di sangue blu e i loro giocattoli di famiglia (leggi la Juventus) in una sorta di persecuzione kafkiana da cui il solo modo di uscire è patteggiare e pagare, oppure i nostri eroi, al secolo Andrea Agnelli figlio di Umberto e John Elkann figlio di Margherita figlia dell’Avvocato Gianni, passano da una malefatta all’altra in modo così grossolano e smaccato da rendere inevitabile l’apertura di procedimenti nei loro confronti arginabili solo andando a Canossa: e cioè, al fine di evitare processi e anni di galera, chiedendo il patteggiamento, cioè l’applicazione della pena su richiesta delle parti.
Non si era ancora spenta l’eco del patteggiamento raggiunto da John Elkann nell’ambito dell’inchiesta sulla sottrazione dell’eredità di famiglia alla madre Margherita, per cui John ha pagato 183 milioni all’Agenzia delle Entrate e ha chiesto, ottenendolo, l’affidamento per un anno ai servizi sociali motivando il tutto con l’urgenza di mettere fine a una vicenda familiare troppo “dolorosa” (“Ma la richiesta di Elkann non comporta, come del resto la definizione con il fisco, alcuna ammissione di responsabilità ”, si è affrettato a comunicare l’avvocato Paolo Siniscalchi), ed ecco che dopo il nipote dell’Avvocato tocca al figlio di Umberto, Andrea, per 12 anni presidente della Juventus, uscire dal procedimento scaturito dall’Inchiesta Prisma della Procura di Torino con un patteggiamento: un anno e 8 mesi con sospensione della pena e una somma ancora da definire per risarcire le parti civili costituitesi tra cui Consob e piccoli azionisti. Inutile dire che anche quella di Agnelli è stata, è lui stesso a dircelo, una decisione “molto sofferta”, presa per sottrarsi a un “limbo destinato a trascinarsi ancora per moltissimo tempo” dopo i quattro anni già trascorsi di cui Andrea si rammarica dimenticando che due sono andati persi per i ricorsi da lui stesso presentati al fine di ottenere lo spostamento della competenza territoriale da Torino a Roma. Nel comunicato a sua firma Agnelli spiega che il patteggiamento avviene “senza riconoscimento di responsabilità , quindi coerente con la mia posizione di innocenza”, ricorda al mondo non si sa bene perchè di essere un benefattore (dal 2017 è presidente di una fondazione piemontese per l’Oncologia) e dimentica le carte processuali secondo le quali i dirigenti della Juventus “diffondevano notizie false circa la situazione patrimoniale, economica e finanziaria della società, concretamente idonee a provocare una sensibile alterazione del prezzo delle azioni ordinarie in Borsa”; e redigevano bilanci che descrivevano “una minor perdita di esercizio pari a 89 milioni anziché 236 e un patrimonio netto pari a 239 milioni anzichè pari a 47”, il tutto in combutta col revisore Ernst & Young che “ometteva di esercitare un effettivo controllo contabile esprimendo un giudizio positivo e privo di rilievi”. Per la cronaca, dalla giustizia sportiva italiana Andrea Agnelli ha ricevuto tre maxi condanne:12 mesi più 20 mila euro di ammenda nel 2017 per i rapporti con gli ultrà malavitosi; 24 mesi nel 2023 per le plusvalenze fittizie che costarono alla Juventus la squalifica per un anno dalle Coppe; e 16 mesi più 60 mila euro di ammenda, poi ridotti a 10 mesi e 40 mila euro, nel 2024 per le manovre stipendi.
Benefattore insomma, ma non certo del calcio. Che per anni e anni ha falsato. Se può interessare, a dirlo sono i magistrati.
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