Free mica tanto
DI MARCO TRAVAGLIO
La morte di Charlie Kirk avrebbe potuto non essere inutile. Invece lo sarà, perché i trumpiani usano il lutto per scatenare la caccia alle streghe contro chiunque manifesti idee altrettanto estreme, ma opposte. Così il martirio di un paladino del free speech diventa il pretesto per rendere lo speech ancor meno free nel Paese con la Costituzione più avanzata sulla libertà di parola, garantita dal I emendamento. Che è il padre del nostro Articolo 21 ed è uno splendido principio, ma anche una gran fatica: ci consente di dire tutto ciò che vogliamo (salvo che diffami o istighi qualcuno a delinquere), ma ci impone pure di tollerare tutte le idee, anche le più aberranti o strampalate. E mai come oggi c’è stata tanta intolleranza. L’altro giorno il professor Pini Zorea, ebreo israeliano, teneva al Politecnico di Torino un corso di “Principi e tecnologie per l’elaborazione di immagini digitali” nell’ambito del progetto Erasmus. Un gruppo di attivisti, indignati per la complicità dell’Occidente nello sterminio israeliano a Gaza, non avendo a tiro Netanyahu e i suoi sgherri, ha deciso di prendersela con lui irrompendo nell’aula e dandogli del “complice del genocidio”. Lui, a quello sproposito, ha risposto con un altro sproposito: “Ho servito nell’Idf, l’esercito più pulito che ci sia”. E fin lì tutto lecito. Poi però il rettore ha pensato bene di cacciare il prof (“Frasi inaccettabili”) e sospendere il corso. E l’articolo 21? E l’articolo 33 “L’arte e la scienza sono liberi e libero ne è l’insegnamento”? Sospesi anche quelli: chi decide se una frase è accettabile o meno?
Intanto un altro gruppo di attivisti occupava un’aula dell’Università di Pisa interrompendo la lezione del prof. Rino Casella, che aveva criticato l’ateneo per aver sospeso la collaborazione scientifica con due università israeliane (non tutte: solo quelle collegate con l’industria militare israeliana e sostenitrici dell’invasione a Gaza). Il docente, dopo il parapiglia, è finito in ospedale. Noi pensiamo che sia giusto boicottare la ricerca dual use (civile e militare) e sbagliato interrompere la collaborazione scientifica tout court con atenei di Paesi governati da chi non ci piace: Israele, Russia ecc. Ma che un prof sia aggredito per le sue idee no, questo non deve mai accadere. Però non deve neppure accadere l’opposto: cioè che chi denuncia lo sterminio a Gaza venga zittito e bollato di antisemitismo e che agli studenti sia vietato discutere ogni tanto di attualità in spazi autogestiti a scuola. A proposito: i più accaniti difensori della libertà di parola degli intellettuali filo-Netanyahu sono gli stessi che hanno passato gli ultimi tre anni e mezzo a invocare la cacciata da università, teatri e tv dei presunti “putiniani”. O il free speech vale per tutti, o è molto più serio tornare al Minculpop.
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