L’Europa dei vari Sikorski va in cerca di escalation
DI ELENA BASILE
Si sa che i cittadini sono manipolabili emotivamente da élite senza scrupolo. Votano sulla base di impulsi irrazionali, convinzioni radicate nel loro Dna e sembrano insensibili alle motivazioni razionali. Nelle oligarchie illiberali occidentali, l’asservimento dello spazio mediatico e della politica agli apparati di potere permette la strumentalizzazione degli elettori che continuano a votare per la stessa classe dominante, la maggioranza Ursula, che li sta defraudando dei lori diritti alla pace e alla sicurezza, allo Stato sociale, alla loro stessa umanità. Ritorniamo in solitudine alle argomentazioni razionali che restano la nostra unica arma.
Radoslaw Sikorski, il ministro degli Esteri polacco, al vertice di Bucarest del 2008 aggredì pubblicamente, col mascherato compiacimento di Condoleezza Rice, il ministro tedesco Steinmeier che aveva osato argomentare, appoggiato dal resto dell’Europa continentale e mediterranea, in primis da Francia e Italia, che l’adesione di Georgia e Ucraina alla Nato era una strategia comprensibilmente inaccettabile per Mosca, date le legittime preoccupazioni di sicurezza russe. Di tempo ne è trascorso. L’Europa è divenuta polacca. Sikorski è oggi nuovamente il ministro degli Esteri polacco (a conferma delle dinastie del potere nelle oligarchie) e alle Nazioni Unite ha minacciato pubblicamente la Russia, affermando che ogni sconfinamento volontario o involontario degli aerei russi negli spazi aerei polacchi avrebbe meritato l’abbattimento, nel quadro di una strategia condivisa della Nato. Se ci trovassimo di fronte a una persona morale, il politico che ha osservato il massacro dei giovani ucraini provocato dalla temeraria politica da lui sostenuta sarebbe assalito dai sensi di colpa. Il falco invece in un comizio all’Onu alza il livello dell’escalation. La strategia è chiara. Provocare l’incidente e forzare gli Stati Uniti a una guerra diretta con la Nato. La tesi che la Russia, bisognosa di avere Trump come interlocutore e freno nella Nato, voglia invece testare la pazienza degli occidentali, con interferenze sul Gps di Ursula, lanciando droni non armati e privi di effetto oppure sconfinando nei cieli estoni e polacchi, è consona a uno script demenziale di Hollywood ed è accettata supinamente dalla politica, dai media, dalla intellighentia europea. Trump, di ritorno dalla farsesca visita ai reali britannici durante la quale nel suo discorso di fronte al re Carlo ha toccato vette di grottesca comicità, avrà ottenuto qualche comunicazione dell’infallibile intelligence e con un tweet e dal podio dell’Onu, ha pagato pegno ai guerrafondai, affermando che l’Ucraina può vincere e colpire in profondità la Russia, con l’ennesima giravolta politica, degna del suo predecessore. Di fatto non vi sono grandi novità nell’impegno statunitense in termini di forniture di armi e di fondi. Credo che gli europei per forzare la mano a Trump siano disposti al casus belli, ad abbattere un jet russo. Stiamo entrando in uno scontro con una potenza nucleare senza che l’opinione pubblica europea, principale vittima della strategia suicida, nella grande maggioranza sia consapevole e reagisca.
La società civile mondiale si mobilita fortunatamente per il genocidio in diretta a Gaza. La politica europea, pur non facendo nulla di serio (arresto immediato delle forniture economiche e di armi, sanzioni durissime) cavalca il dissenso con trovate tragicomiche quali il riconoscimento dello Stato della Palestina, priva ormai di terra e tra poco anche della popolazione. Basta osservarli. Guardate i filmati degli incontri a New York di leader come Macron e Erdogan e capite in che mani siamo. Del resto i Clinton e gli Obama fanno persino di meno degli Starmer e dei Macron a riprova che il Partito Democratico come quello Repubblicano è sotto il diktat della lobby di Israele. L’opposizione, in Italia come in Europa, ha una carta importante. Il governo Meloni è in buona compagnia in Europa. Hanno cancellato il diritto internazionale e costituzionale. Il riconoscimento del genocidio non spetta a questi luminari del diritto – Meloni, Tajani o Rutte o Starmer. Spetta ai tribunali dell’Onu. La Cig e la Commissione del Consiglio Onu per i diritti umani si sono pronunciati. Come ricordava Domenico Gallo, il genocidio è una parola densa di contenuto politico e giuridico con conseguenze oggettive. L’isolamento di Israele è la condizione per far cessare il massacro degli innocenti a Gaza. Una mobilitazione popolare che trovi corrispondenza nell’ostruzionismo parlamentare può ancora fermare i carnefici.
I piani presentati per Gaza, persino da Trump, ambigui e conflittuali sul destino dei palestinesi, sono l’ennesima ammuina oppure saranno imposti da Washington al criminale di guerra accolto all’Onu mentre l’Anp si è vista rifiutare i visti? Il dubbio è lecito.
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