sabato 18 novembre 2023

Salviniamente

 

Come piaceva

di Marco Travaglio 

La scoperta che Salvini è Salvini e fa Salvini è un classico del giornalismo all’italiana, ma solo quando conviene a lorsignori. Il vicepremier e ministro che definisce lo sciopero “weekend lungo” (senz’aver mai colto la differenza fra settimana lavorativa e weekend) e riesce a trasformare un’ordinaria protesta sindacale in un evento epocale conferma la sua irredimibile natura di Cazzaro Verde. Eppure sembra ieri che era l’idolo dei giornaloni, gli stessi che ora lo prendono a pesci in faccia. Correva l’anno 2019 e bisognava buttar giù il Conte-1, che osava combattere la povertà (Rdc), la precarietà (dl Dignità), la corruzione (Spazzacorrotti), la Casta (taglio dei parlamentari e dei vitalizi), la mafia (voto di scambio), la rapina Fornero (quota 100), i fossili (piano rinnovabili), i diktat Ue sull’austerità (due procedure d’infrazione minacciate) e Usa sul golpe Guaidó a Caracas (l’Italia non lo riconobbe, unica in Ue), senza il permesso dei padroni del vapore. Quindi andava bene anche Salvini. I giornaloni iniziarono a ripetere che comandava lui e faceva tutto lui, anche se come sempre non faceva una mazza. Il nuovo Ridolini trasformato in “nuovo Mussolini” e gonfiato come la rana di Esopo fino a fargli vincere le Europee (dal 17 al 34% in un anno). Lui, incredulo di essere preso sul serio, entrò nella parte e si mise a vento di tutte le lobby: da Sì Rdc a No, da No Prescrizione a Sì, da No Triv a Sì, da No Benetton a Sì.

Il vero banco di prova fu il Tav Torino-Lione, l’opera più inutile, costosa e velenosa del mondo, sottoposta all’analisi costi-benefici dei migliori economisti dei trasporti: dopo aver firmato il contratto giallo-verde che lo bloccava, il Cazzaro ne divenne l’uomo sandwich fra gli applausi del partito Calce&Martello e delle gazzette al seguito. Che si spellavano le mani per la sua conversione al “partito del Pil” e delle “madamine”. E quando uscì l’analisi degli scienziati che bocciava il Tav, lo nominarono addirittura contro-perito. Repubblica: “Tav, la controanalisi di Salvini”. Stampa: “Contro-dossier di Salvini: la sospensione della Tav ci costerebbe 24 miliardi”. Messaggero: “‘Non completare la Tav può costare 24 miliardi’. Ecco il dossier della Lega” (che naturalmente non esisteva). La Stampa, già che c’era, promosse Salvini critico musicale, facendogli commentare il Festival di Sanremo. Lui rovesciò il governo e chiese il voto subito per i “pieni poteri”. E Rep titolò meglio della Padania: “Voto subito (ma c’è chi dice no)”. Purtroppo nacque il Conte-2. Ma subito i giornaloni si impegnarono allo spasimo per demolire pure quello e riportare Salvini al potere. Missione compiuta, con Draghi e con Meloni. E ora si permettono pure di piagnucolare.

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