mercoledì 15 novembre 2023

L'Amaca

 

Le tentazioni della carne
DI MICHELE SERRA
Se dev’essere il principio di realtà a contare (perfino in politica), niente giustifica la fatwa del governo contro la carne coltivata. A partire dalla definizione, dolosamente falsa, che ne danno al ministero dell’Agricoltura: carne sintetica. Sintetico indica un procedimento chimico. Ma la “neo-carne” sarebbe prodotta attraverso la moltiplicazione di cellule staminali animali. Una bio-tecnologia, dunque. La chimica, semmai, prospera nell’attuale filiera della carne, sotto forma di fertilizzanti, diserbanti, farmaci.
Ovvio il principio di precauzione (vanno studiati a fondo eventuali effetti negativi), sacrosanto difendere la biodiversità (chianina, fassona e sorelle) e diffidare della brevettabilità del cibo, che consegna a tre o quattro consigli di amministrazione il governo mondiale dell’alimentazione. Ma l’idea di produrre carne partendo dal prelievo di poche cellule diminuirebbe l’ecatombe animale in atto (settanta miliardi di macellazioni ogni anno!) e metterebbe un argine a quello scandalo della modernità che sono gli allevamenti intensivi, con gli animali ridotti a pezzi di ricambio e stipati in spazi asfittici. La morte di esseri viventi a scopo alimentare fa parte della natura, che non è vegana. Ma farli vivere, per moltiplicare i profitti, in condizioni mostruose, è solamente un corollario dell’avidità umana.
Considerazioni etiche a parte, andrebbe poi valutato il beneficio ambientale: se invece dell’attuale ciclo che ci ostiniamo a chiamare, all’antica, “allevamento”, che richiede uno smisurato consumo di energia e di acqua e produce Co2 più di molti comparti industriali, si facesse strada un modo meno impattante e violento di produrre proteine animali, non sarebbe un passo in avanti?

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