giovedì 4 dicembre 2025

L'Amaca

 

Avanti, c’è posto
di Michele Serra
La lista dei partecipanti ad Atreju (secondo me da pronunciarsi al vocativo, alla romanesca: a’ Trejuuu!) è poderosa e palesemente apolitica, nel senso che raduna, a mazzi come gli asparagi, italiane e italiani di ogni risma, cultura, professione, indole.
In questo senso Atreju, nata come adunata di irriducibili arditi, pochi ma tosti, pochi ma neri, è il segno più evidente della vocazione consociativa del potere italiano. Un po’ come il Meeting di Rimini, ma con minore focalizzazione sul business e la produttività (cielle è pur sempre nordica per radici e cultura, il fatturato conta almeno quanto lo Spirito Santo) e con un evidente viraggio romano, non in senso littorio, ma in senso viale Mazzini, e trattorie dei dintorni: c’è Carlo Conti, non sorprende l’assenza di Fiorello, troppo scafato per caderci.
Inspiegabile la mancanza di Bocelli che canta «Vinceròooooooo!» e di Totti, Ilary, Chiara Ferragni e Fedez che sviscerano le complesse problematiche della famiglia tradizionale. Forse si tratta solo di disguidi, forse saranno presenze last minute.
Ci si domanda se sia un bene o un male, questa ammucchiata pacifica, anzi paciosa. Un bene perché saper convivere è pur sempre un buon segno, mica puoi passare la vita intera a prendere le distanze. Un male perché i famosi “no che aiutano a crescere”, come recita la pedagogia meno rammollita, diventano sempre più rari. Prevalgono i “sì che aiutano a campare”.
In fin dei conti, si chiamano Fratelli d’Italia e Forza Italia i due terzi del potere nazionale. Il terzo terzo, la Lega, è comunque nel programma, insieme a porzioni notevoli dell’opposizione.

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