Se una mattina d’inverno un viaggiatore
di Paolo Di Paolo
Sono un passeggero rimasto inscatolato nel suo Frecciarossa 9504 per un abbondante paio d’ore in più del previsto, nell’ennesima giornata di caos ferroviario. Quando sali su un treno italiano ad alta o minima velocità hai l’impressione di partecipare a una curiosa lotteria del disagio (per cui una voce umana o artificiale dirà che «ci scusiamo»).
A meno di cento chilometri da Milano eccomi prigioniero della carrozza 7, finestrino affacciato sulla stazione di Fidenza. Il fermo immagine dei primi 20 minuti di sosta che diventano 30 e 60, quando il treno verrà instradato sulla linea lenta. Ma non accenna a muoversi.
Mi raggiunge una sequela di messaggi che informano il «gentile cliente», di verifiche tecniche alla linea elettrica, distinti saluti; più tardi, si parla di problemi alla linea aerea. I saluti diventano, chissà perché, cordiali. Mi pare incongruo il tema aereo, visto che il mezzo è su rotaia, poi capisco. Al terzo messaggio si allude di nuovo a verifiche: intanto «Le ricordiamo che per il ritardo in arrivo tra 60 e 119 minuti ha diritto a un indennizzo». E al minuto 123? Saluti, stavolta, di nuovo distinti.
Nell’arco narrativo di questo tempo che da fermi pare infinito, capiamo di essere nei guai quando viene distribuita l’acqua che non spetterebbe alla seconda classe.
Il treno, immobile, bofonchia come noi, sbuffa, poi all’improvviso tace, come si fosse arreso. Un oooh lungo e nervoso, una serie di imprecazioni e di telefonate. Da aggiornare quando scopriamo che questo treno oggi non fermerà a Milano centrale, sua destinazione. Quindi dove? Fuori dallo spaziotempo? Forse ci molla a Fidenza, per quel che resta del giorno o per sempre. Non so se c’è più da ridere, da piangere, da inveire. O da limitarsi a constatare questa roulette russa senza hacker che è diventata viaggiare in treno ai tempi del ministro-dei-Trasportiche-aspira-agli-Interni.
Interno giorno, vagone fermo: quando c’era lui, si dirà, i treni non arrivavano in orario. Parla, Salvini! Di’ qualcosa! Niente. E quindi? Come da indicazioni (disperate, paradossali) di Trenitalia ieri: «Evitare spostamenti».
(Ah, per tornare a casa, giuro, ho preso l’aereo).
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