Ma Meloni in che squadra gioca?
DI MICHELE SERRA
Poiché la distruzione politica dell’Unione Europea — il suo smembramento, la sua riduzione al precedente coacervo di Nazioni con le quali avere relazioni bilaterali — è uno degli obiettivi politici di Trump (in perfetta stereofonia con Putin), non sarà facile, per la premier italiana Meloni, barcamenarsi tra fedeltà europea e militanza sovranista.
Fin qui Meloni ha dato prova, con una certa abilità, di una doppiezza per così dire domestica, tutto sommato a corto raggio, facendo l’europeista a Strasburgo e la sovranista a Budapest, sorridendo a Von der Leyen e facendo selfie con Orbán, sostenendo Kiev e galvanizzando i fascisti spagnoli con grande disinvoltura, e a costo zero. Ma come se la caverà quando gli interessi dell’Ue e della nuova America trumpista dovessero rivelarsi incompatibili?
Potrebbe giocarsela da grande mediatrice, cercando di ricucire, di conciliare, mettendo a profitto il suo ruolo di sola leader d’Europa di casa a Mar-a-Lago e presente all’adunata di miliardari che ha preso il posto della cerimonia di insediamento della più celebrata democrazia del pianeta. Ma potrebbe anche trovarsi di fronte a strappi non componibili, a dilemmi che non consentono ambiguità, vedendosi costretta a scegliere, tra i due campi, quello in cui si sente davvero a casa.
L’antieuropeismo di Trump è conclamato, lo sgarbo del mancato invito a Von der Leyen non è nemmeno uno sgarbo, è la schietta negazione di un ruolo politico (presidente della Commissione europea) che il nuovo presidente considera irrilevante. I tempi sono duri e veloci. Prima di quanto si possa illudere che avvenga, Meloni dovrà capire in che squadra gioca.
Nessun commento:
Posta un commento