Più nemici di prima
DI MICHELE SERRA
Le immagini di Gaza dopo la tregua sono tutte uguali, o quasi. Sono quelle di un ex luogo, minuziosamente spianato casa per casa, eppure pullulante di gente armata. Se la distruzione aveva lo scopo di disarmare, viene da dire che quello scopo non solo non è stato raggiunto, ma chi lo perseguiva ha ottenuto l’effetto opposto. È come se ci fosse un rapporto direttamente proporzionale tra le macerie e le armi, tra la tabula rasa e l’ira degli scampati. E viene da pensare (magari è solo un’illazione, magari no) che a Gaza il fruttivendolo, l’infermiere, il geometra, il maestro di scuola, il ragazzo, perduti i luoghi della vita civile, della vita normale, si siano trasformati automaticamente in soldati, non consentendo altra attività, la guerra, che la guerra. E non costruendo altra attitudine, la violenza, che la violenza.
I ragionamenti dei pacifici, in questo terribile anno e mezzo, annaspavano. I discorsi di pace sono sembrati campati in aria, e lo erano. In compenso i discorsi di guerra hanno generato, alla fine, non solo montagne di morti, molti dei quali inermi e innocenti. Hanno peggiorato i vivi, li hanno feriti e incattiviti. Li hanno armati più di prima. Israele ha più nemici di prima: non è il più clamoroso degli insuccessi? La più storica delle sconfitte?
Se il pacifismo è afasico, il bellicismo è di un’eloquenza basica e idiota. Per ogni nemico che schiaccia ne genera altri dieci. I figli vorranno vendicare i padri, i fratelli minori i fratelli maggiori, e non ci sarà mai fine. Il sospetto è che questo eternarsi della guerra, a chi predica la guerra, piaccia: perché non conosce altra opzione, non sa fare nient’altro.
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