Meriti. La vera minoranza protetta a livello planetario: il miliardario
di Alessandro Robecchi
Vorrei dedicare questa piccola rubrichetta ai settantuno (71) miliardari italiani che nel 2024 – per quasi tutti gli altri annus horribilis – hanno aumentato la loro ricchezza complessiva di 61,1 miliardi di euro, cioè in media di 86 milioni in più ciascuno (fonte: Rapporto Oxfam sulla diseguaglianza, gennaio 2025). Calcolatrice alla mano, possiamo dire che un miliardario italiano nel 2024 ha aumentato la sua ricchezza di oltre più di 7 milioni al mese, che significa 9.800 euro e passa all’ora – un eccellente salario minimo – calcolando anche le ore di sonno, quelle passate al golf, quelle dedicate alle dichiarazioni allarmate sulla grande “invidia sociale” che turba il Paese. Niente male, come performance di un pugno di persone: quella dei miliardari (non solo in Italia) è la minoranza più protetta del pianeta.
Il 63 per cento di tutti questi soldi (valore complessivo stimato: 272,5 miliardi di euro) è frutto di eredità. Cioè, mi spiego: muore il babbo miliardario, o lo zio, o un parente qualsiasi, e ti ritrovi miliardario anche tu, senza aver mosso un dito, cosa che presumibilmente aveva fatto anche quello che ti ha lasciato l’eredità, e magari pure il nonno, e in certi casi per risalire all’accumulazione originaria bisogna tornare indietro di secoli. Forse bisognerebbe tenersi in tasca un foglietto con queste cifre, e tirarlo fuori alla bisogna ogni volta che qualcuno intavola il più truffaldino e vergognoso discorso che esista: il discorso sul “merito”. Certo, è un merito anche esser nati nella famiglia giusta (una qualsiasi delle 71), ed è un merito che – lo dico con una formula popolare – si chiama “culo”. Esempio: sei in clinica, sei appena nato, apri gli occhi e chiedi: “Dove sono capitato?”. Se la risposta è “famiglia operaia di Catanzaro”, esci pure con le mani alzate; se invece ti dicono “figlio di miliardario”, puoi cominciare a elaborare, dopo la prima poppata, il discorso sul merito, che va premiato, ovvio.
Mettiamo invece il caso che di mestiere pedali su una bicicletta e consegni pizze ai clienti, che hai come capoufficio un algoritmo, che vieni pagato 2 euro e 50 a consegna. Bene, per aumentare la tua ricchezza di 86 milioni all’anno, dovresti consegnare 94.246 pizze ogni giorno, compresi Natale e Capodanno, senza fermarti mai nemmeno per un minuto. Immagino che, pedalando a quel ritmo, giorno e notte, tu abbia il tempo per riflettere su questa questione del merito, e anche sul fatto che in eredità a tuo figlio – se hai potuto farlo senza scendere dalla sella – potrai lasciare se va bene la bicicletta, in modo da perpetuare all’infinito questo entusiasmante tipo di sfruttamento. Se ti incazzi, se trovi che non sia giusto, se ti viene in mente qualche pensiero maligno (tipo la “rivolta sociale” di cui ha parlato Landini), ecco che balza su in automatico qualche astuto commentatore (“liberale”, ovvio) a dire che la tua è invidia sociale, che trovi il sistema ingiusto perché sei invidioso. I dati dicono che gli invidiosi aumentano, comunque, e anche che a difendere i miliardari non sono solo i miliardari, ma un sacco di brave persone che si fanno un mazzo così e rimangono faticosamente a galla sulla soglia di povertà pur lavorando (con merito). Il che rappresenta – se ci pensate – il vero capolavoro del capitalismo: fare in modo che i poveri odino i poveri, e mentre voi leggevate questa rubrichina (calcolo tre minuti di lettura) un miliardario italiano ha aumentato la sua ricchezza di 500 euro. Be’, dài, è il merito, no?
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