lunedì 1 luglio 2024

Gravinato

 

Storia di Gravina. L’uomo che si aumentò di 7 volte lo stipendio per far grande l’Italia
di Paolo Ziliani
Correva l’anno 2021 e Gabriele Gravina, nonostante fosse fresco di nomina a vicepresidente Uefa per “meriti” acquisiti sul campo (l’ultimo in ordine di tempo: l’archiviazione a tempo di record della Juventus dopo l’esplosione del “caso Suarez”, quello dell’esame di italiano sostenuto a Perugia nell’estate 2020 per ottenere la cittadinanza italiana: per la Figc non c’erano “elementi sufficienti per ritenere provate condotte illecite rilevanti nell’ambito dell’ordinamento federale sportivo di dirigenti o comunque tesserati”) e nonostante la nomina a vice di Ceferin all’Uefa gli fosse valso un compenso annuo di 150 mila euro che tuttora percepisce, Gravina convocò un Consiglio Federale – era il 26 aprile – in cui all’ordine del giorno inserì la nota: “Determinazione di un compenso per gli incarichi federali”; e con una disinvoltura degna di miglior causa si alzò lo stipendio di Presidente federale da 36 mila a 240 mila euro, aumentandoselo cioè di 7 volte. Motivazione: l’aumento di stipendio gli veniva riconosciuto (cito testualmente dal comunicato emesso il giorno stesso) “per l’attività e per la responsabilità” di guidare il Club Italia, e cioè l’organismo che “riunisce le squadre nazionali” e che “è presieduto dal presidente federale che detta le linee guida delle attività, approva i programmi tecnici, definisce l’organigramma”.
Oggi, a distanza di tre anni e tre mesi, i frutti della decisione presa in quel Consiglio Federale sono sotto gli occhi di tutti: mentre il conto in banca del presidente nonché guida e ispiratore del Club Italia è aumentato a dismisura, il Club Italia (leggi: la nazionale italiana e il calcio italiano tout court) è andato allo sfascio. Non solo due anni fa la squadra azzurra fallì la qualificazione al Mondiale in Qatar facendosi estromettere per la seconda volta consecutiva dalla massima manifestazione calcistica mondiale, ma dopo il pasticciaccio brutto del giallo di Ferragosto 2023, il cambio di guida tecnica in corsa tra il fuggitivo c.t. Roberto Mancini e il subentrante Luciano Spalletti, col presidente federale che autorizza l’ennesimo scasso ai regolamenti per imbarcare l’ex tecnico del Napoli che per questioni contrattuali non avrebbe potuto allenare fino al 30 giugno 2024, ecco l’Italia di Spalletti tornare a casa da Euro 24 nella maniera più ignominiosa: un fallimento tecnico di proporzioni colossali, dopo aver messo in mostra una qualità tecnica e di organizzazione di gioco degne di un Liechtenstein (detto con tutto il rispetto del Liechtenstein) e dopo che la qualificazione a Euro 24 era stata sgraffignata grazie alla “benedizione arbitrale” che tutti ricordiamo (lo sgambetto di Cristante a Mudryk all’ultimo minuto del match che l’arbitro Gil Manzano e il VAR fecero finta di non vedere): altrimenti anche l’Europeo in Germania l’avremmo visto in tv e forse sarebbe stato meglio, ci saremmo risparmiati gli incipit tonitruanti di Caressa su Sky e la rabbia di vedere in campo la nazionale quattro volte campione del mondo e due volte campione d’Europa giocare come fosse una selezione di “scapoli & ammogliati” agli ordini del c.t. Fantozzi.
La Svizzera che sabato ci ha fatto fuori scherzandoci dal primo all’ultimo minuto e umiliandoci in ogni giocata sembrava la Grande Ungheria di Puskas e Masopust, il grande Brasile di Pelè e Tostao, la Grande Olanda di Cruijff e Krol. Ora restano le macerie. Chi le rimuoverà? Per un congruo aumento di stipendio, Gravina si è già detto disponibile.

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