mercoledì 24 luglio 2024

Robecchi

 

Abbracci. Dibattere con Casa Pound è come giocare a calcio con Gasparri
di Alessandro Robecchi
Prima ti spacco la testa e poi… parliamone. Di tutto il tragicamente grottesco a disposizione nel Paese, la vetta più alta di demenza, provocazione, insulto all’intelligenza, è il comunicato di Casa Pound dopo il pestaggio torinese del cronista Andrea Joly, per mano di suoi attempati arditi (45 anni l’uno, 53 l’altro, quelli finora identificati). Dopo il pestaggio, il clubbino dei picchiatori ha diffuso una nota che è forse peggio delle bastonate, invitando il pestato (“Se non cerca solo visibilità”, testuale) a partecipare a un dibattito sulla violenza alla loro festa, che è un po’ come invitare Matteotti a dibattere sul suo omicidio, sempre, naturalmente, se non è in cerca di visibilità. Non è il caso qui di discutere sulla capacità di provocazione di alcuni arditi, non merita, diciamo.
Ora si dibatte argutamente sullo scioglimento di Casa Pound, dopo il pestaggio di Torino, come si discusse animatamente sullo scioglimento di Forza Nuova dopo l’assalto alla Cgil. Allora c’era Draghi con la sua agenda, ora c’è Meloni con i suoi arditi, cambiando l’ordine degli inquilini di Palazzo Chigi il risultato non cambia: il manipolo di balilla, aggressivi e ignorantissimi, non ha nulla da temere. Ne riparleremo (inutilmente) alla prossima violenza. La provocazione degli anziani balilla di Casa Pound contiene però un piccolo nocciolo dello spirito dei tempi: la belluina ipotesi che “parlandone” si possa sistemare la faccenda. E del resto proprio loro ne sanno qualcosa, perché in tempi passati hanno accolto nelle loro sedi, vantandosene, fior di giornalisti, che hanno accettato “il dibattito” cascandoci con tutte le scarpe. Si consegnò così ai balilla una legittimazione: sì, sono estremisti, ma in fondo bravi ragazzi. Insomma, il “dibattito”, la contiguità, il consociativismo in nome del “confronto” è diventato una specie di lasciapassare che lava tutti i peccati. Poi arrivano le bastonate, ma che ci volete fare, dettagli.
Una faccenda che nella politica italiana ha molti padri, dal Violante de “i ragazzi di Salò”, al Veltroni del “Non esistono nemici, solo avversari”. Approccio morbido e rassicurante: tranquilli, gente, i nemici non ci sono più, uh, che brutta parola! Divergenze, ecco! Niente che non si possa risolvere con un bel dibattito, una chiacchierata, una rimpatriata goliardica.
Mutatis mutandis, al netto della violenza e della paccottiglia fascista da mercatino della nostalgia, la cosa è parsa evidente la settimana scorsa, quando in una un po’ ridicola celebrazione di unità d’intenti e di strette di mano e abbracci, è andata in scena la famosa partita del cuore, tra cantanti e politici. La Russa, con Schlein, Fratoianni con Gasparri, Conte con tutti quelli che l’hanno selvaggiamente insultato per anni. Tutti amici e tutti sorridenti, in una overdose di consociativismo che metteva un po’ i brividi. Certo, che orrore la violenza politica, nessuno la evoca o la invoca, ma il pappa e ciccia tra chi colleziona busti del Duce e chi dovrebbe dar prova costante – per statuto, diciamo – di antifascismo, non è un bello spettacolo. Anzi, è uno spettacolo indecoroso per chi – molti elettori – si aspetta un’opposizione dura, intransigente, ferrea, non solo in Parlamento, ma nel Paese, nelle impostazioni culturali, nella dignità. C’è tanta gente con cui bere un caffè e giocare a pallone, milioni di persone. Perché farlo con Gasparri? Con tutte le differenze del caso (non moltissime), è come andare a un dibattito sulla violenza con Casa Pound. In sintesi: una cazzata.

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