lunedì 1 marzo 2021

Caravaggio e Tomaso


 

Caravaggio, il “testimonial” d’alto profilo sulle note trash
di Tomaso Montanari
“Si l’ammore se perde / nun ‘o puó cancellá / pecchè chello ca resta / te serve pe’ campà”. Questo ispiratissimo testo, il neomelodico Andrea Sannino lo canta da par suo tra i sommi capolavori della Collezione Farnese, nelle sale del Museo Nazionale di Capodimonte. Il video – realizzato con fotografia e regia che alludono sagacemente alle pubblicità locali proiettate, ad ottobre, nei cinema delle località di vacanze: tocco di vicinanza alle classi subalterne – riprende il cantante a pochi passi dal Paolo III coi nipoti e dalla Danae di Tiziano (quest’ultima torturata da primi piani efferati: con voluto brivido sadomaso), dall’Antea di Parmigianino, dai busti scultorei di papa Farnese. Ma quando si raggiunge l’acme del pathos (e della qualità poetica: nei versi “Voglia ‘e fa ammore cu’tte / voglia, che voglia, pecchè? / sempe sta smania ‘e capi /ma ‘o core vó accussi”), la sapiente regia colloca la scena di fronte alla Flagellazione di Caravaggio. E qui lei capisce: lei. La ragazza, muto oggetto del desiderio. Arrendevole al dominio maschile quasi quanto una sottosegretaria Pd. E corre, corre – spinta dalla Voglia, titolo del pezzo – verso l’amato: mentre un raffinato reggiseno occhieggia, garbatamemte, dal poco vistoso completo a righe larghe.
E così l’ultimo tabu è infranto: alto e basso si mescolano, nel troppo rimandato trionfo di quella “cultura” (popolare) a cui Dario Franceschini e Mario Draghi hanno voluto reintitolare il già Ministero per i Beni culturali. Devo chiedere scusa, sono un imperdonabile codino, professorone, parruccone: perché mai ho scritto “ultimo”? Già all’orizzonte appaiono, luminosi traguardi ormai prossimi, una rassegna cinematografica dei capolavori di Rocco Siffredi a Brera (titolo: Ars longa, vita brevis); una finale di Ballando con le stelle nella Cappella degli Scrovegni (così finalmente spiegando il senso delle stelle di Giotto sulla volta); una faceta, popolaresca “Gara di rutti” nel Teatro Farnese di Parma (titolo: Dissonanze barocche); una mostra, al Bargello (antica sede di polizia), sul dissenso in Arabia Saudita (titolo: Teste (servite) calde. Libertà di parola e continenza nel Nuovo Rinascimento).
È finalmente archiviata la stagione oscurantista in cui la “valorizzazione” serviva “allo sviluppo della cultura”. Quando monumenti e musei non potevano essere adibiti a usi incompatibili con il loro carattere storico e artistico: vuote parole reazionarie di un Codice dei Beni Culturali più inutile e disatteso di quanto lo sia, oggi, il Codice di Hammurabi. Finalmente abbiamo capito che Caravaggio è come la Coca-Cola: un grande brand, che è di tutti. E che solo il mercato può davvero dare a Caravaggio il posto che gli spetta nell’immaginario collettivo.
Caravaggio testimonial delle vendite di una hit neomelodica è un traguardo culturale e civile che rappresenta forse il vertice dei risultati, che oserei dire messianici, ottenuti dalla riforma dell’ormai sempiterno ministro della Cultura. Una riforma che risemantizza in profondità il nostro patrimonio culturale.
Pensate alla Flagellazione di Caravaggio: quadro sacro, apice della rappresentazione della tortura inflitta dal potere ai corpi dei dissenzienti. Quadro di proprietà pubblica (del Fondo Edifici di Culto del Ministero dell’Interno) sottratto al suo altare in San Domenico Maggiore per ragioni di sicurezza, e ora conservato nello scrigno sicuro di Capodimonte: ma finora negletto, mai davvero compreso nella sua essenza profonda. E finalmente, come attraverso una rivelazione, illuminato dalle parole, terebranti, di Sannino: “Si nu juorne, dimane / te turnasse a ‘ncuntrà / io nun sbagliasse niente…”. Chi è che non veda che qua sono gli aguzzini del Cristo a parlare, toccati dalla grazia della musica neomelodica? Una mirabile conversione, un raggio di luce ottimista che finalmente si apre in quel quadro buio, pessimista: e tutto questo grazie al profondo storytelling di un giovane maestro della cultura popolare e di un coraggioso, coltissimo direttore.
Non sarà sfuggito agli osservatori più acuti, che l’epica svolta impressa da questo sagace direttore di Capodimonte alla politica culturale del Paese, trovi simbolico suggello nel provvidenziale ritorno di Lucia Borgonzoni nel ruolo chiave di Sottosegretaria alla Cultura. La lucidità del Capo dello Stato e l’onnisciente scrutinio della realtà garantito dal Presidente del Consiglio (sempre sia lodato) hanno affiancato all’ormai esausto, quanto benemerito, ministro la scorta sicura di una mente non offuscata dalla perniciosa lettura di libri (polverosi, vecchi, sovversivi).
L’alto profilo che un popolo intero riconosce a questa eletta compagine di governo, è lo stesso alto profilo cui Voglia di Sannino finalmente eleva opere oscure, e finora mute, di quei Tiziano e Caravaggio che, dal Cielo, si uniscono, grati, al plauso del Paese.
Ed è solo l’inizio.

Nessun commento:

Posta un commento