domenica 12 marzo 2017

Constatazioni


Che cosa emerga dal Lingotto, una rottamante e leopoldiana kermesse, è facile da intuire: Arturo Brachetti, il mago del trasformismo.
In questo paese infatti nessuno, se non pochissimi, ha il coraggio di abbandonare la tolda del comando, essendo codesta una ragione di vita. 
I proclami del Bomba e della Bella Etruriana all'epoca del referendum costituzionale, si sono rivelati, al solito, frescacce da bar. 
Attorniati da personaggetti (cit.) dediti e tendenti all'eternità, basti pensare a Franceschini, questi acufeni ingordi di visibilità, stanno cercando la strada maestra per risollevarsi, scomodando, senza vergogna, idee e politiche da loro lontani più che il buon giornalismo dai vari Rondolino e compari.
Il renzismo ha fragorosamente fallito e, in ogni società seria e soprattutto democratica, gli artefici di tale disfatta se ne sarebbero dovuti andare a casa, a gestire le loro faccende toscane.
Essendo il nostro un anomalo paese, questi sconfitti invece, post-rottamandosi, s'ergono a nuovo che avanza, per reindirizzare l'Italia nella giusta strada, a detta loro, perduta da loro stessi, allorché il sodale connubio con la tecno-rapto-crazia, era faro e modello apparentemente inossidabile ed indistruttibile. 
Blaterano di lavoro, dimenticandosi gli squallidi voucher, di occupazione, non rammentandosi il 40% di disoccupazione giovanile, di equità, avendo un'amnesia sul fatto che i ricconi qui da noi evadono alla grande lasciando il conto da pagare ai soliti coglioni dal prelievo forzato. 
Se questa è la nuova sinistra sorta dalle ceneri e dalla rottamazione del vecchio, ma con i soliti attori, conviene veramente affidarsi al fantomatico populismo del movimento grillino, anch'esso alle prese con enormi problemi, ma sicuramente in grado di spazzare via, come pula nel vento (cit.), questa accozzaglia di "Brachetti" dediti, da tempo immemore, a curare i propri interessi sulle spalle della collettività. 
Il renzismo, appunto.

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