sabato 14 gennaio 2017

Holly ed il taxi


Ancora sulla Bellezza. Ancora Holly e la sua Colazione, il suo portamento, la sua regalità.
Probabilmente considero un moto di ribellione interno questa sbandata per Audrey Hepburn e la consequenziale ricerca per il Bello, cialtronescamente obnubilato dal moderno tentativo di proporre effimere e, a volte, soporifere imitazioni, elevanti pochezze per lo più vuote, costruite ed innalzare al solo scopo di lucro. 
Holly che fa colazione davanti a Tiffany è un simbolo, un lampo, una connessione con le alture a noi interdette degli dei. 
Holly che si prepara per uscire con destinazione carcere Sing Sing per visitare il suo amico gangster, che appare a Paul Varjak (George Peppard) in tutta la sua meravigliosa persona, induce a rivedere il frame nella modalità paranoica dell'accensione della luce di Travis Bickle (De Niro) in Taxi Driver, tanto è l'esplosione sensitiva di quell'attimo, di quella visione. 
E' una sensazione strana questa, lo ammetto! Sono tuttavia certo, parolona forse fuori luogo, che nell'ottanta percento di materia ancora non conosciuta attorno a noi, giaccia un dardo sopito, uno squarcio addormentato, una connessione dormiente con l'Arte e la sua regalità. Il lampo di genio, straordinario, unico della Bellezza arriva ai nostri sensi ogniqualvolta i presupposti lo permettano. Il contatto con l'inspiegabile, con l'altisonante unicità, abbraccia il mondo allorché la mano dello scultore, il pennello dell'artista, il genio del progettista, il ciack del regista, ne determinino lo scoccare. 
Il risultato è un connubio sensitivo senza pari, un incremento di gioia difficilmente quantificabile e, soprattutto, elevante la specie. 
Holly-Audrey fa parte di questa sonnecchiosa ed ermetica élite.



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