Di Ferruccio Sansa
La statua contro il “giudeo” non si può toccare
“Iuden”. Giudeo, ebreo. Fa un certo effetto rivedere quella parola usata come uno schiaffo. Un insulto. Impressa su una targa con quei caratteri gotici dorati, parecchio sinistri.
“Iuden”, scritto sotto gli occhi di tutti, ai piedi di una statua che da un giardino si affaccia sulla strada.
A Sarntal, o Sarentino all’italiana, non se lo aspettavano di finire al centro delle polemiche, proprio il Giorno della Memoria. In questo paese dell’Alto Adige, provincia di Bolzano, dove il benessere e la serenità ti pare che trabocchino ovunque guardi. Paese di prati e boschi, di laghi e torri antiche.
Eppure già pronunciare il nome crea qualche disagio, richiama una scelta di campo: Sarntal o Sarentino, altoatesini oppure italiani.
“È la sindrome dei gerani”, dice qualcuno. Quei fiori meravigliosi che vedi su tutti i balconi, ma che rischiano di nascondere e profumare un mondo non sempre così felice.
In paese da tempo è comparsa una statua che divide. Ma nessuno riesce a farla togliere. Racconta un abitante italiano: “Un monumento dedicato ai Kaiserjager che hanno combattuto contro l’Italia”. Ma questo è il meno, ci sono abituati da queste parti. Il problema non è la statua del soldato che combatte lo Stato che governa il paesino. Il punto è la dedica. “In memoria dei Kaiserjager caduti nella Prima Guerra per Dio, il Kaiser e il Tirolo. Morirono vittime del più grande tradimento della storia perpetrato dal re italiano Vittorio Emanuele III e dal suo compare e ministro degli Esteri, l’ebreo barone Luigi (in realtà si chiamava Costantino, ndr) Sidney Sonnino”. La vecchia storia dell’Italia che decide di combattere contro l’Austria, rispolverata un secolo dopo. Ma il punto è quella parola: Iuden, per calcare il concetto di nemico, traditore.
Subito, eravamo nel 2010, intervengono i consiglieri provinciali verdi Hans Heiss e Riccardo Dello Sbarba: “Chi spiega il supposto tradimento italiano come espressione dello spirito ebreo esercita consapevolmente antisemitismo allo stato puro e viola la legge Mancino contro l’odio razziale. La targa deve essere tolta: Comune, forze dell’ordine e magistratura devono intervenire”. Ma che cosa accade? Niente. Hanno tentato anche il senatore Luigi Compagna. Poi i giudici. Proprio ieri ha riprovato Alessandro Urzì, consigliere provinciale di Alto Adige nel Cuore: “Una scritta orrenda. Contro gli ebrei, prima di tutto. Ma anche contro noi italiani”.
E non c’è riuscito nemmeno il sindaco, pardon Bürgermeister, Franz Thomas Locher: “È proprio una brutta scritta. Noi abbiamo negato il permesso edilizio, perché è troppo vicina al confine del giardino. Sotto gli occhi di tutti quelli che passano”.
Niente da fare. Nell’Italia che non sa ricordare, le targhe commemorative non si toccano. Anche quelle antisemite.
È “la sindrome dei gerani”. Come racconta Heiss: “Qui ci sono stati vent’anni di fascismo e venti mesi di nazismo. Così capita che tra gli estremisti di lingua tedesca ci sia chi guarda con simpatia al Terzo Reich e tra gli estremisti di lingua italiana si veda con nostalgia Mussolini”. Nazismo contro fascismo.
In Alto Adige torna l’antisemitismo? “Serpeggia, ed è tollerato, un sentimento che associa antichi rancori a certi miti”, sostiene Urzì. Heiss è più cauto: “Almeno a livello pubblico, l’antisemitismo è sempre condannato. Più che in passato. Forse sui social…”.
Ecco i gerani che, racconta ancora Heiss, hanno nascosto dietro petali profumati la diffidenza di certi altoatesini verso Franz Thaler, il cittadino di Sarentino reduce da Dachau e autore di un grande libro: Dimenticare mai. Mentre tra gli italiani c’era chi magari celebrava il 4 novembre davanti al monumento costruito durante il Fascismo.
Altoatesini contro italiani. E in mezzo, come 80 anni fa, gli ebrei che non c’entravano niente. Capri espiatori.
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