sabato 21 gennaio 2017

Già! Perché?

Perché andarsele a cercare, mediante un'insana abitudine di comprare prima i biglietti per andare al cinema? Stanco più di un maratoneta a cui abbiano segretamente agganciato un paracadute aperto, mi presento alla visione di "Arrival" consapevole, a meno di inserire carboni ardenti nel pertugio, di crollare clamorosamente durante la proiezione. 
Tuttavia ho applicato delle tecniche sofisticate per evitare la dipartita, tra cui un mostruoso bidone di popcorn, una taglia extra large a cui rinuncerebbe finanche una possente famiglia americana con il fisico a clessidra, che mi ha impegnato per quasi un'ora, pur pregiudicando l'incombente notte di sonno con un'ingurgitata tale di acqua, da far ipotizzare al tecnico Acam di turno, una rottura di tubo sotterraneo da 6" in zona centro. Inoltre, il binomio popcorn - acqua gassata, ha creato un vortice intestinale di inusitata potenza, portandomi a cercar di mascherare le crescenti tonalità roboanti con colpi di tosse da pneumococco, infastidenti i vicini di posto al punto che quello di destra ha incominciato a bardarsi da Lancillotto per la disfida finale e nel contempo confermandomi che in un cinema la peggior cosa che ti possa capitare, oltre ad uno squilibrato che si metta a suonare l'ukulele, ad un vicino reduce da una sagra della cipolla affetto da meteorismo, è l'impellenza di correre al bagno, evento da me prorogato al punto in cui, tra sudorazioni oceaniche ed instabilità caratteriale, ho deciso di alzarmi, guadagnando l'uscita tra pestoni di scarpe e peroni, scatenanti vaffanculo all'unisono dagli astanti. 
Normalmente, il procrastinare la via dei bagni genera, matematicamente, l'aumento esponenziale dell'impellenza, con annessi passi di danza in stile simil-Bolle avvinazzato. Raggiunta la meta ed espletata l'incombenza con rumori tipo battaglia iniziale di "Salvate il soldato Ryan" sono ritornato al mio posto, rasserenato, tra una riedizione degli insulti precedenti e colpi assestati cinicamente ai malleoli degli sfortunati compagni di fila; questa pace interiore mi ha portato, nel giro di qualche nano secondo, ad appisolarmi spudoratamente, forse anche a russare, risvegliandomi con l'accensione delle luci di sala per cercare, come una faraona prossima al forno, pietà, comprensione e soprattutto qualcuno che mi spiegasse il finale del film, di cui ho capito meno di quello che Orfini percepisce in una normale riunione di partito.

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