Elkann: come pagare 175 mln e voler passare per innocente
DI ETTORE BOFFANO
C’è un giudice a Torino. Anzi, ci sono tre pm: Marco Gianoglio, Mario Bendoni e Giulia Marchetti. E c’è un reparto della Guardia di Finanza: guidato dal colonnello Alessandro Langella. Assieme, dal febbraio 2024, hanno indagato sull’effettiva residenza di Marella Caracciolo, vedova di Gianni Agnelli, e poi sulla sua eredità. Raccogliendo prove, sentendo testimoni, ricostruendo tesori offshore, individuando persino opere d’arte e gioielli (per esempio, degli orecchini valutati 78 milioni) che sarebbero stati fatti passare come “regali” e non come asse ereditario.
Ottenendo così che in questi giorni il nipote dell’Avvocato, John Elkann, abbia deciso di versare all’Agenzia delle Entrate, anche a per conto dei fratelli Lapo e Ginevra, 175 milioni: tutto quanto, insomma (in evasioni fiscali, mancato pagamento della tassa di successione e relative sanzioni), era stato contestato proprio da quei pm. Che adesso, in attesa della chiusura dell’indagine, possono dire di aver raggiunto ciò che si erano prefissi sin dall’inizio della loro inchiesta: recuperare allo Stato quanto gli era dovuto.
E poi ci sono loro, gli indagati. Che, aspettando di conoscere il proprio destino giudiziario (rinvio a giudizio, patteggiamento, messa alla prova, archiviazione), affidano ai portavoce frasi come queste. Per spiegare che, “con l’obiettivo di chiudere rapidamente e definitivamente una vicenda dolorosa”, hanno raggiunto “una definizione complessiva con l’Agenzia delle Entrate”, ma senza che tale definizione significhi “ammissione neppure tacita o parziale della fondatezza delle contestazioni”.
Uno storytelling fiscale-giudiziario che dovrà, prima o poi, passare al vaglio della causa civile intentata contro i fratelli Elkann dalla madre Margherita Agnelli per l’eredità di Marella Caracciolo. Ma che, intanto, consola noi comuni mortali: che, per intenderci, imposte e tasse ce le vediamo prelevare ogni mese dalla busta paga o dal cedolino della pensione. Senza poi essere costretti a versare altri soldi al fisco. E pur non avendo nulla da ammettere: neppure “tacitamente” o anche solo “parzialmente”.
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