Dimentichiamoci i liberali
di MICHELE SERRA
Opportunamente, Pier Silvio Berlusconi ha stroncato sul nascere l’illusione che Forza Italia possa diventare per davvero un partito liberale (nel senso italiano classico: conservatore e democratico). Presentando i palinsesti Mediaset ha definito “non prioritario” lo ius scholae, ovvero la legge che dichiarerebbe uguali ai nostri figli i compagni di scuola dei nostri figli.
Per altro, non si capisce per quale fortunato accidente un partito fondato da un miliardario innamorato solo di se stesso e dei propri quattrini, pioniere e quasi fondatore del populismo mondiale, possa riempire in qualunque modo il più vistoso spazio vuoto della scena politica italiana: quello della destra liberale. Una destra mercatista in economia e diffidente del Welfare (come tutte le destre del mondo); e però laica, tollerante in campo culturale e aperta sul fronte dei diritti. Questa destra, già gracile nel Novecento per via della gracilità della borghesia italiana, oggi è ridotta a qualche sparuto circolo culturale.
Da un paio d’anni, senza che un solo atto concreto possa suffragare la tesi, ogni tanto salta fuori la stramba idea che Forza Italia, terza gamba di un governo dalla doppia anima nera (perfino più nera e dunque più antidemocratica e antieuropea, a ben vedere, quella della Lega che quella meloniana), possa passarsela da “liberale”. Se così fosse, il governo cadrebbe entro cinque minuti, tanto inconciliabili sono il liberalismo e il populismo di destra. Ma così non è, e che sia il proprietario del partito (è tra i beni di famiglia, per quanto costoso) a definirlo con tanta chiarezza, aiuta a soffocare sul nascere ogni illusione. Forza Italia è al governo con Meloni e Salvini perché la matrice politica è la stessa: la destra illiberale.
Nessun commento:
Posta un commento